martedì 27 marzo 2007

Eran 300



O viandante, annuncia agli Spartani che qui noi giacciam per aver obbedito alle loro parole

(Simonide)




Ok, applicare categorie etiche e metri d'analisi sociale a popoli vissuti 2500 anni fa è esercizio futile e un po' idiota. Tanto più lo è farlo a partire da una graphic novel visionaria e parossistica come quella di Frank Miller.

Quindi, ok di nuovo, gli spartani massacravano i neonati gracili, crescevano i loro figli a frustate e inquadravano la propria identità sulla base di ideali come la gloria e l'onore che oggi suonano quanto meno ambigui: ma ugualmente di questo possiamo prendere atto e tacere.

In fondo gli Spartani, alle Termopili, difendevano il loro territorio e la loro cultura da un tiranno invasore.
E tuttavia.

Il film di Zack Snyder, in modo non dissimile a quanto accadde con Sin City ma certo più smaccato, agisce sul nostro di contesto sociale e politico, non potrebbe essere altrimenti, e lo fa con una sfacciata (ed è questo l'aspetto più allarmante, il fatto che l'abito del fumetto consenta una tale sfacciataggine) carica reazionaria. E gli esiti emotivi che ne derivano, non nascondiamoci dietro uno spillo di placido snobismo, non sono affatto irrilevanti.

Tanto per dire, durante la proiezione cui ho assistito ieri sera, un indigeno genovese e un forestiero africano, nelle ultime file, sono venuti alle mani, in piena proiezione e in mezzo alla sala.
Difendere le proprie tradizioni fino alla morte dall'avanzata del Diverso, dello Straniero. Erigere, ciascuno per sè e dentro di sè, un monumento interiore alla propria forza d'urto. Rifiutare con spregio il dialogo di fronte alla minaccia.

Tanto per dire ancora, sempre durante la proiezione, certa gente in sala ululava fiera al modo dei soldati spartani. E non fatico a immaginare squadre di ultrà che si affrontano, spranghe e bandiere in mano, al grido di furore degli uomini di Leonida.

Detto tutto questo, 300 è un film visivamente sontuoso che si beve in un lampo e con sommo godimento. Ma solletica, e lo fa benissimo, tutti gli istinti meno consigliabili.



lunedì 26 marzo 2007

Little Miss Sunshine: quant’è bello il road movie!


Vincitore del Sydney Film Festival 2006, Little Miss Sunshine (in onore della piccola protagonista e del concorso di bellezza per bambine cui vuole assolutamente partecipare), è il risultato di cinque anni di sfortunata lavorazione da parte dei coniugi Jonathan Dayton e Valerie Faris, che hanno un rapporto anche professionale che vanta una lunga serie di premiati video e documentari musicali su alcuni nomi tra i più importanti della scena pop-rock anglosassone. Questo è il loro primo lungometraggio e direi che non parte per nulla male, sulla scia di quello che davvero dal mio punto di vista sta diventando un “Genere coi fiocchi”, come ho sottolineato anche per The Royal Tenenbaums o per Il calamaro e la balena!
Nella sceneggiatura di Michael Arndt (che ben merita l’Oscar che ha ricevuto) si ritrova un campionario di eccentricità umane che come al solito simpaticamente ti fanno sentire parte dell’umanità, portando avanti personaggi nei quali ogni tanto ci si possa almeno un po’ riconoscere (con la famiglia che mi ritrovo e dato che giro con lo stesso mezzo del film, queste pellicole forse avrei potuto scriverle io prima che diventassero di moda!). A parte gli scherzi, il film oscilla nel tragicomico: da una parte gli eventi drammatici virano rapidamente in farsa, e dall'altra, a forza di accenti paradossali, i vincoli di solidarietà si dimostrano imprevedibilmente saldi anche in una famiglia "scoppiata" sì, ma alla fine meno di quelle "normali" piene di deleterie aspettative sui propri pargoli, trasformati in caricature di adulti pronte ad immolarsi al mondo dello spettacolo.
Un’altra di quelle pellicole da consigliare il più possibile, quantomeno per rimettersi di buon umore tutto d’un fiato, senza inutili divagazioni, nella maniera più spontanea e divertente possibile, in atmosfere nelle quali con due parole si dice tutto e lo si fa facendosi capire davvero. E’ un bene che esistano ancora storie che ci facciano pensare sempre a quanto siamo tutti assolutamente folli e a quanto poco serva, per vivere bene, inserirsi faticosamente nei più svariati ambienti o trasformarsi in altro nel tentativo di farsi amare. Una bella e necessaria critica all’idea del successo come fonte della felicità.
Mentre la frase che più viene ricordata di questa interessante pellicola è "Il mondo si divide in due categorie: vincenti e perdenti. Sapete qual è la differenza? I vincenti non si arrendono mai", io invece direi che quella che più rappresenta dal mio punto di vista il senso del film è : “Cosa sta facendo sua figlia?!”, detto da una delle organizzatrici del concorso di bellezza al padre, di fronte all’innocente spogliarello di Olive; risposta:” Mia figlia? Sta facendo…quel cazzo che vuole!!”.
Un film da rivedere e rivedere…
Da notare la colonna sonora Composta da Mychael Danna in collaborazione con i DeVotchka e la partecipazione di Sufjan Stevens, quello del bellissimo No Man’s Land di Danis Tanovic, per intenderci.

The Wicker Man (L’uomo di vimini), quello del 1973!!


Poco tempo fa ho visto, recuperato per vie traverse, questo film di Robin Hardy di cui non conoscevo l’esistenza fino al remake fatto da Neil Laute con Nicholas Cage nella parte dello sceriffo Edward Maulis. A parte tutta una serie di forti variazioni di senso che sono state fatte rispetto all’originale sceneggiatura di Anthony Shaffer, molte altre cose sono state modificate in quest’ultimo film assolutamente privo di senso e di valore, sia estetico che culturale (ma non è certo l’unico!!), a partire ad esempio alla sostituzione di Lord Summerisle, interpretato nel film del 1973 da Cristopher Lee con una donna, quasi a voler rendere più fiabesca la questione (si sa, il mito delle streghe non muore mai), interpretata da Ellen Burstyn.

Il film del 1973 è una di quelle pellicole che secondo me, fastidiose o meno, bisognerebbe far vedere un po’ a tutti, così, a titolo filosofico-culturale, perché oltre ad essere alla fine uno dei film più inquietanti che abbia mai visto, capace di fare un baffo, a livello di suspence ma anche di disagio figurativo, ai peggiori horror, è una delle più potenti ed efficaci critiche alla religiosità in generale e alle capacità negative del fanatismo umano. Un vera e propria denuncia, ma fatta bene, come adesso non si è capaci di fare: fantasiosa e assolutamente verosimile allo stesso tempo, senza fronzoli, diretta, raccontata decentemente e prima di ogni altra cosa capace di passare direttamente sotto pelle, di comunicare sfruttando le atmosfere e su tutti i livelli (dialogico, narrativo, figurativo, ecc.)

In epoca di forte ritorno di scontri economici costantemente fatti passare per differenze religiose, un film che in maniera provocatoria farei girare sugli schermi vuoti delle metropolitane, come un bello specchio in cui stare guardare la declinazione peggiore della fantasia umana, quella che si associa al lato sanguinario.

La vera Diane Arbus?!


Lo yeti e la piagnona


Ci sono film talmente sbagliati che non puoi che volergli bene.
Fur è tra questi.

Anche trascurando il fatto che Nicole Kidman è l'attrice più sopravvalutata di sempre (brava finchè volete, ma tocca sempre le stesse corde, eterea fino alla trasparenza: paragoniamola a Meryl Streep e poi riparliamone).
Anche trascurando che una biografia fittizia (che poi non è una biografia, gli eventi si portano via tre mesi tre), già come concetto, non si capisce che senso abbia.
Anche tralasciando l'assenza di tutto il dramma umano di questa donna, gli scatti (fotografici) estremi, la discesa nella depressione, il suicidio.
Ecco, anche trascurando tutto questo, non si riesce a immaginare chi abbia potuto pensare che adeguata sineddoche per la vita di una delle artiste più controverse del ventesimo secolo potesse essere una love story con uno yeti.

Kitch inenarrabile.

venerdì 23 marzo 2007

LOOOOOOOST



da ieri sappiamo anche che locke è nato il 30 maggio 1956..(via losteastereggs.blogspot.com)
e taaante altre cose...
ancora una puntatona.

invito a discuterne nei commenti a chi l'ha vista
e ad evitare di accedere ai commenti a chi non l'ha vista ancora..dato che gli spoiler sono tanti tanti ormai...

giovedì 22 marzo 2007

Piaceri ultraterreni

Our Earthly Pleasures è l'album più recente (in uscita ai primi di aprile) dei Maxïmo Park, band di Newcastle upon Tyne.
Per chi non li conoscesse, i Maxïmo Park sono uno dei tantissimi gruppi che la attivissima scena inglese ha prodotto negli ultimi anni, con sonorità che ricordano The Smiths e altre band new wave del passato. Il loro primo disco, A Certain Trigger, è semplicemente spettacolare.

E anche quest'ultimo lavoro non è da meno. Un disco di livello altissimo, in cui è davvero difficile trovare delle canzoni che spicchino sopra le altre. La mia scelta ricade su Books from Boxes e A Fortnight's Time, da ascoltare in loop infinito fino allo sfinimento.
Qui sotto trovate il video di Our Velocity, il primo singolo tratto da Our Earthly Pleasure.




Gran bel disco. Davvero.
E ora vado a dare un'occhiata al calendario dei loro concerti, sia mai che riesca a vederli dal vivo da qualche parte.

mercoledì 21 marzo 2007

Golimar!

Beh, non avete nulla da dire sul cinema indiano?

il DTT è davvero tecnologia morta?

negli stati uniti, in australia e in inghilterra si sta puntando moltissimo sul dtt (il digitale terrestre)
in irlanda deve ancora arrivare ma è in fase sperimentale da un anno...

il dtt permette (tra le altre cose) di portare con semplici adattatori usb (almeno per il mac..) la televisione ad alta definizione nel computer di casa
il cui schermo è per forza di cose compatibile con HDD
e aggiungendo la possibilità di registrare i programmi negli hard disk liberandoci una volta per tutte degli insopportabili videoregistratori.
in più si ha la possibilità di mettere in pausa ecc..ecc..tutte cose che semprano appanaggio solo dei pacchetti sky, e invece basta un computer, l'adattatore (costo sui 100euro) ed ecco fatto.

in una cittadina inglese hanno già tolto in via sperimentale la possibilità di ricevere in analogico
lasciando le alternative o al satellite
o al DTT

wikipedia mi definisce il dtt nelle prime righe come: "Digital Terrestrial Television (DTTV or DTT) is an implementation of digital technology to provide a greater number of channels and/or better quality of picture and sound using aerial broadcasts to a conventional antenna (or aerial) instead of a satellite dish or cable connection."

detto tutto questo.
chi mi sa spiegare perché da anni (ormai) non si fa altro che definire il digitale terrestre una "tecnologia morta"? (vedi beppe grillo e affini).

ok, il modo in cui è stato portato in italia ha del controverso, del discutibile ecc..
ma ritengo che l'attacco a questa tecnologia che si è visto in questi anni in italia sia un esempio cmq di controinformazione della quale si accusa tipicamente lo schieramento di centro destra.

sputate sulla legge gasparri
sui decoder di casa berlusca
ecc..ecc..
ma il DTT (in via di principio) lo ritengo cosa buona e giusta.
e (con lo streaming tv) il futuro delle telecomunicazioni

martedì 20 marzo 2007

Il cimitero delle idee


La saga di Saw diventa più imbarazzante via via che prosegue. Nella terza puntata il colpo di scena non c'è, ma c'è (quattro personaggi quattro in scena dall'inizio alla fine, con un'unica possibilità di legame in gioco, che inevitabilmente si rivela veritiera).

Flashback interminabili e narrativamente inerti, monologhi parafilosofici tutti uguali, macchine di tortura di complessità esilarante, impiantati su una sceneggiatura di qualunquismo morale disarmante e ingegno nullo.

Pornografia applicata all'horror: la scena dell'operazione al cranio, interminabile e statica come un documentario medico (in una parola "brutta"), è la prova finale di una decadenza del genere di cui Hostel era stato finora il tassello più rutilante.

venerdì 16 marzo 2007

e i gay? ce li siamo persi

in pieno delirio di cultural studies mi chiedo come mai nessuno si sia ancora indignato della non rappresentazione del mondo gay da parte di lost.
cioé, sull'isola c'è un po' di tutto: c'è il tossico, il nero, l'orientale, il fighetto, il ciccione, il mussulmano, il prete, il truffatore, la ladra, il pazzo, il medico, la tipa incinta, il giovane, il vecchio ecc..ec...ecc...
in un perfetto (e politicamente corretto) spaccato dell'umanità strano che manchi l'omosessuale (e che nessuno dei folli dei cultural studies lo abbia additato finora...impegnati con il nuovo ozpetek, penso)
e quindi vai con un po' di ipotesi su questa assenza:

- ipotesi dico-pacs: lasciamoli fuori, troppi casini, troppa controversia, poi mastella si alza e se va.
- ipotesi "village people": il villaggio degli others è un villaggio esclusivamente gay...per guarire il mondo la dharma ha pensato di sperimentare un tipo di società alternativo rispetto a quella dominante che stava portando, con la guerra fredda, alla distruzione del pianeta...esempi..il fidanzato della figlia della francese viene sottoposto al lavaggio del cervello per "togliergli" la sua eterosessualità... e... avete visto che sguardi tra jack eil tipo che gli ha lanciato la palla?
- ipotesi vaticana: sull'aereo era pieno di gay (sawyer, sajid. ecc..)..ma dopo lo schianto sono "guariti" e si sono trasformati in etero..così come locke ha ripreso a camminare...l'isola costudisce infatti una reliquia sacra di san crispino da nocera umbra, famoso per aver perso un dito del piede durante un martirio...the others sono un gruppo di missionari crispiniani che hanno scelto l'isolamento dal mondo, nella Lista contiene i nomi dei battezzati e di quelli da convertire il prima possibile (rapiscono i bambini per battezzarli..anche prima della nascita...ecco gli agoni..)
-ipotesi produttiva: il personaggio omosessuale doveva essere interpretato da accorsi. ribellione del cast.
-ipotesi televisiva: i gay? li ha uccisi jack bauer (dopo la tortura per il coming out)

LOST 3X12 - Par Avion






















P U N T A T O N A !!
Finalmente dopo un po' di tempo hanno deciso di dare un'accellerata alla storia... (beh anche la 3x11 nn era male)
Okkio che qui si spoilera....

Our Daily Bread


Sarà che un "documentario" ha dalla sua la possibilità di stupire perchè, per quanto male diretto, male montato, male parlato, comunque è considerato "vero", i film più interessanti visti ultimamente sono tutti brutalmente catalogabili in questo genere.
Poi in realtà si fatica a trovare altri punti in comune perchè tra la comicità pura generata dal falso personaggio di Borat, la tragica storia del Grizzly man e questa oggettiva messa in scena di una catena di montaggio, ci passa tutto il buon cinema.

In Our daily Bread non abbiamo nessun personaggio principale, nessuna voce off, anzi nessuna voce proprio, ma diverte, stupisce e spaventa solo grazie ad una oggettiva descrizione della realtà, alcune catene di montaggio di grosse industrie del cibo. Camera spesso fissa e inquadratura frontale, formalissimo e freddo nella messa in scena ma ugualmente vivo e reale, visivamente quasi sorpassa l'horror per mostrare esecuzioni fredde e operazioni chirurgiche in serie infinita... merita...anzi, non guardatelo che poi magari diventate vegani...

Una cosa come un'altra





Quasi una settimana che non vedevo un horror. Rimediato.
Con questo Headspace, che ha fatto più festival di genere che spettatori: filmetto a medio budget senza infamia e senza lode, ma comunque scusabile. Persino adocchiabile.

Maghi degli scacchi, cervelli ipertrofici, demoni porcini, tutto frullato in una trama originale sì, ma pure priva di senso alcuno.

Ci sono anche Sean Young e l'immancabile (divino sempre) Udo Kier. La prima se ne va di scena nei 5 minuti scarsi del prologo, che però sono anche i 5 minuti migliori del pacchetto.

Per indefessi dipendenti dal sangue.

giovedì 15 marzo 2007

Your vagina is wet?

Romance & Cigarettes è un film di approssimazioni smisurate. Numeri musicali approssimati, diegesi approssimata, dialoghi approssimativi.
Ma è tutto talmente onesto e vitale, che ci si perde senza remore in questa storia di corna, rappacificazioni e morti impreviste che naviga sulle note di trent'anni di rock anglofono.
Una bazzecola garbata e gratificante.

E a tratti si ride fino alle lacrime. Come quando, in apertura, Susan Sarandon recupera un bigliettino del marito (Gandolfini oscilla tra rabbia, malinconia e timidezza con sincerità commovente: fategli, vi prego, un monumento) per l'amante, e glielo recita:

If God's gifted grace / Put a light on your face / Could I ever forget / Your vagina is wet?

Cult inevitabile.

mercoledì 14 marzo 2007

La dignità che se ne va

Venerdì nei cinema esce Ghost Rider.
Come ha detto qualcuno da queste parti: trarre un film decente da un fumetto di supereroi è impossibile.
Poi, e in aggravio, mi ritrovo a posar gli occhi su foto come questa...


...con un Peter Fonda incartapecorito, vestito come un mentecatto e rigido come uno spaventapasseri. Al che mi chiedo: perchè? C'è qualcuno che lo vuole davvero questo cinema? Insomma, se proprio ci si vuol far del male, è troppo chiedere di evitare almeno l'esibizione tracotante (e quindi diseducativa) del ridicolo?

martedì 13 marzo 2007

Lo sciabordio dei flutti


Tra i miei guilty pleasures non ci sono i libri di Faletti, ma ci sono i film di Hugh Grant.

Trovo semplicemente che le battute dei personaggi che interpreta, notoriamente farina del suo stesso sacco e di scaltre improvvisazioni, siano tra le migliori di tutto il cinema mainstream americano (insieme a quelle di Woody Allen ovviamente). E' la ragione primaria per cui vado a vedere i suoi film: imparare a memoria queste battute e poi riciclarle con le ragazze (quelle che non amano Hugh Grant per lo meno).

In Two Week Notice, capitalista senza scrupoli, ai suoceri che gli chiedono come possa dormire la notte con quello che fa di giorno sulla coscienza, risponde: "Ho un dispositivo che simula lo sciabordio dei flutti".

Scrivimi una canzone (Music & Lyrics) di Two Week Notice condivide il regista, Marc Lawrence, e il tono garbato da commedia rosa fuori tempo. Offre un buon numero di dialoghi sopraffini ("Stavi cercando di blandirla", "No, mi limitavo a dirle quel che voleva sentirsi dire"), ma ugualmente lascia un retrogusto di morte e disfacimento nel palato: la faccia di Grant, bruciata dalle lampade e tagliata dalle rughe, fa male all'umore.


venerdì 9 marzo 2007

Giusto due chiacchiere su Miike


Mi sto ripassando un po' di Miike Takashi per un articolo.
Visitor Q, Big Bang Love Juvenile A, Audition, MDP Psycho...
Mi sembra che aldilà di qualsiasi questione concernente i contenuti, il discorso più interessante sia quello sul linguaggio. Miike marcia spedito verso una rarefazione assoluta delle sue narrazioni: usa l'equivalente cinematografico di una prosa letteraria composta da periodi brevi e ordinati e didascalie puntuali (didascalie vere e proprie intendo, che interrompono la storia), il tutto organizzato per capitoli compatti e coerenti.
Poi, per mischiare un po' le carte e quasi s'annoiasse del suo stesso mestiere (con tutto quel che gira è comprensibile), sottrae qua e là segmenti fondamentali per la comprensione della trama e ingarbuglia la consecutio (in Big Bang Love il procedimento è lampante).

L'altra cosa che mi sembra ormai acclarata (Visitor Q è al riguardo un manifesto a lettere lampeggianti) è che Miike è un terrificante moralista. Non un rivoluzionario distruttore ma il figlio ribelle, e tuttavia sentimentale, di una famiglia di conservatori. Il sistema lo fa a pezzi dal suo interno, e questo lo rende ben più pericoloso (ed efficace).

In ogni caso, e al di là di tanti sproloqui, Visitor Q e Audition sono due capolavorissimi. MDP Psycho una chiavica.

giovedì 8 marzo 2007

deliri googlistici

adottate questo
cineeerds's Search Engine : devshots.com : Personal Google Search Engine

(via wittgenstein.it)

digitate 77....

il link di seguito rimanda ad un blog che "spulcia" Lost...a breve lo inserisco nei nostri link..cmq un punto di riferimento.

in particolare qui si analizza la puntata di ieri..serie 3 num11 (ma cosa dico puntata...PUNTATONA)

Lost Easter Eggs: Enter 77

lost e i videogames

c'è una cosa della quale sono assolutamente convinto
così convinto che ci sto costruendo attorno un paper per una conferenza (giugno, vienna)
e prima che mi si cazzi in quell'occasione voglio provare a "convincere" voi.

dunque, Lost ha "rubato" la struttura narrativa ai videogames.
altre serie si sono ispirate su diversi piani (i personaggi "di gomma" e via dicendo)
ma nessuno prima ha preso quel tipo di organizzazione..
voi mi direte, alcune cose tipo oggetti di valore, missioni ecc sono presente dalle fiabe di propp...sì certo, ma i videogames hanno aggiunto qualcosa..e lost l'ha preso.

ma prima di ciarlare ulteriormente portiamo alcune "prove":

- "mortalità" dei personaggi: serie con tanti protagonisti.."premiati" da flashback ec..e nessuno si fa troppi problemi a levarli di mezzo (tranne alcuni...)
- diversità dei personaggi..il grasso il magro l'arabo l'orientale il bianco il nero ecc..
- gli spazi: organizzati a livelli, a muri..apri la botola e si apre un nuovo mondo (narrativo e fisico), incontri gli others e accade lo stesso, vieni catturato e vai su un'altra isola, la grotta, le gabbie...
- i "compiti" e le "istruzioni": ognuno ha dei compiti da superare per raggiungere il livello successivo, poi ci sono i "bonus" (costruire la macchina, le armi, un furgone)..le istruzioni sono da leggere nello spazio circostante..devono trovare gli indizi per capire...le visioni sono delle cutscene..vedi l'aereo ecc.. poi vi sono le prove fisiche e quelle di ingegno ecc..
- le armi: le pistole arrivano dopo un certo punto e arrivano grazie ad una chiave che si trova in....ogni personaggio ha diverse qualità e anche equipaggiamenti ecc..
- i cattivi: si parte con ethan, poi gli altri, poi quelli della dharma, fino al misterioso Pirata.
- gli ambienti: se non sembrano quelli di un videogames quelli di lost
- il mix di generi.
- le cutscene_ hurley in riva al mare che asolta la musica, scene d'amore, i momenti di sollievo..e quelli dove si porta avanti la narrazione.

per ora mi fermo qui ma ne sto tralasciando molte altre caratteristiche
parliamone

poi la smetto

ma questo dovevo metterlo

Sprazzi di futuro

Per chi non lo sapesse, in questi giorni a San Francisco è in corso la Game Developers Conference, manifestazione professionale dedicata ai videogiochi.
Questa fiera non è un trade show, quindi non ci sono donzelle in abiti discinti che "pubblicizzano" un gioco o un prodotto che ha vagamente a che fare con i viggì, ma è un luogo di ritrovo dove gli addetti ai lavori danno e ascoltano conferenze tenute dai loro colleghi su svariati argomenti.

Ma vediamo di cosa si è parlato a San Francisco.
Così come il punto focale di Web 2.0 è l'input dell'utente nella creazione di contenuti (YouTube, Wikipedia e simili), la stessa cosa sta accadendo nel mondo dei videogiochi. Il concetto di Game 3.0 è stato al centro del keynote di Phil Harrison. Game 3.0 è in pratica la versione videoludica del sopracitato Web 2.0: un'evoluzione del videogioco di cui il videogiocare non è solo più utente finale e, relativamente, passivo, ma diventa parte attiva nella creazione di contenuti.
Un assaggio delle potenzialità della comunità si era avuto già nella generazione precendente di console, soprattutto grazie a Microsoft e al suo servizio Xbox Live, ma è in questa generazione che i produttori di hardware hanno finalmente deciso di sfruttare al massimo le possibilità offerte dalle connesioni a banda larga.

Ed è in questo contesto che Sony ha presentato alla GDC la sua Home, la casa online di ogni possessore di una PlayStation 3, in pratica l'evoluzione della libreria virtuale immaginata da Crichton in Disclosure, con un tocco di Second Life. Qui i giocatori potranno incontrare altri giocatori con cui condividere contenuti, scambiare opinioni, giocare e via discorrendo. La rappresentazione di questa casa è estremamente realistica, e sarà possibile personalizzarla con arredamento e quant'altro, così come sarà possibile darà un'identità all'avatar che ci rappresenterà nel mondo virtuale.
Qui sotto trovate il trailer di Home.



Ma torniamo alla creazione e condivisione dei contenuti.
Sony ha anche presentato Little Big Planet, a prima vista un platform game con forti elementi cooperativi tra giocatori e una riproduzione della fisica particolarmente convicente. Qui sotto trovate l'ottimo trailer (menzione particolare per la colonna sonora composta da Go Team).



Little Big Planet offre una modalità di creazione di livelli di cui potete avere un assaggio nel video qui sotto.



Ma la cosa che interessa maggiormente è la modalità di condivisione dei livelli creati con gli altri giocatori. Video dimostrativo qui sotto.



Tutto questo sproloquio a che pro, vi starete chiedendo? Beh, sembra che anche i videogiochi, dopo televisione e internet, si siano accorti che dare al pubblico gli strumenti creativi è un ottimo modo per ottenere contenuti di qualità variabile a basso costo, con in più un ritorno pubblicitario e di immagine notevole.
Forse tutto questo contribuirà a far crescere il videogioco e a fargli perdere quell'immagine "anti-sociale" che si porta dietro si dagli anni '80.

mercoledì 7 marzo 2007

Sceneggiatori di lost

Posto questo video e (ri)apro le danze su Lost.

A parte la facile ironia credo che ogni tanto in fase di sceneggiatura siano arrivati a spararle cosi’grosse…anzi, a volte quelle piu’grosse son finite sullo schermo! (la nuvola nera che si avvicina a Etho, per dire…).

Ammetto di aver perso qualche episodio della prima serie, e sono alla terza puntata della terza serie ma la seconda me la son sparata e goduta per intero.

Serie Tv rivoluzionaria proprio per l'uso del flashback (e della tartaruga) non solo come mezzo per spiegare e integrare la narrazione, ma come elemento portante delle puntate; in pratica, non ci frega come si vive su una isola deserta, abbiamo visto cast away e migliaia di altre cose cosi’, concentriamoci sul perche' sono li', sul loro passato.

E le prime 24 puntate son filate via tra ovazioni e premi.

Nella seconda serie si e'continuato sulla stessa linea narrativa, con la notevole svolta nel mettere in scena il dharma project e the others. Cioe’ una entita’ superiore onniscente e altri survivors, anch’essi con i loro bei flashback che spiegano i vari forwhy&because. Risultato entusiasmante, meglio della prima, e vista tutta dun fiato. Ora dalle due tre puntate viste della terza serie e’ evidente che l’attenzione si va sempre piu’spostando su cio’che accade sull’isola. Non piu’ perche’ sono li’, (lo hanno gia’ detto, e usato ogni motivazioni non-plausibile possible) ma cosa succede nell’isola…e a me francamente non fregava tantissimo… spero che il dharma si riveli un covo di ex piduisti… o che il giapponese che saluta con un namaste’ (saluto indiano) si riveli un islamico al servizio della nord-korea e Jack Bauer grazie ad una tartaruga magica riesca ad arrivare sull’isola…ma seguirò la chiamata del titolare e tra poco sarò in pari.

La terra della marea




Tideland consente un grosso sospiro di sollievo a chi s'era indispettito per quell'inezia ultrabarocca dei Fratelli Grimm: Gilliam, a polsi slegati dai diktat dei Weinstein Bros, racconta ancora le sue fiabe che è un piacere.


Girato e impacchettato in un pugno di mesi, giusto a riempir lo stallo in cui versava l'altra e più onerosa produzione, in assoluta autonomia artistica, Tideland è un viaggio nelle fantasie di una bimba (Jodelle Ferland è prodigiosa) che si ritrova con entrambi i genitori morti d'overdose. Abbandonata in una baracca che affonda (letteralmente) tra infinite distese di granturco e affiancata da figuri variamente bizzarri (uno storpio epilettico e sognatore sfrenato, un'imbalsamatrice guercia e severa) s'aggrappa alla vita e alla propria assoluta libertà con disarmante serenità e ottimismo.


Ricolmo di segni che richiamano alla mente Io non ho paura di Salvatores, Tideland se ne distacca palese (oltre che per il non commensurabile talento immaginifico del suo autore) per l'impianto etico, tutto fuorchè manicheo: l'innocenza non va compianta, va temuta, pericolosa com'è. Rischia persino di far deragliare i treni.

martedì 6 marzo 2007

i buoni propositi per il mese di marzo

proverò ad andare al cinema e a vedere:

- the illusionist: mi sa un po' di vaccata, ma me la rischio

- the number 23: sarà sicuramente una vaccata, ha tutte le carte in regola per essere una vaccata, che io non ho un gran rapporto con schumacher..ma, sapete..per una volta mi faccio prendere dallo star system.

- hot fuzz: grazie a dio è una vaccata, è quello che ti aspetti, è quello che vuoi..e spero che non deludi (andate al link nel titolo e godetevi il trailer).poi..Io Ho AMATO shaun of the dead

- the science of sleep, di gondry..boh boh boh..boh

in poche parole, mi gioco una 40ina di euro in vacche.
forse

Attori virtuali e non

Si parla spesso dell'incontro tra cinema e videogiochi, spesso a proposito e talvolta non (tranquillo Ste, non ce l'ho con te). L'incontro a volte è nella struttura narrativa, altre volte nella costruzione dell'immagine e delle inquadrature, altre ancora nel "semplice" tentativo di riprodurre un'esperienza più simile a quella dell'altro medium.

Nel caso di Heavenly Sword, gioco ancora in fase di sviluppo per PlayStation 3 da parte dello studio inglese Ninja Theory, questo incontro si verifica nell'uso di attori in carne e ossa, tra i quali spicca Andy Serkis, per riprodurre la recitazione delle loro controparti virtuali attraverso la tecnica del motion-capture.
Il video qui sotto mostra parte delle tecniche utilizzate al momento per realizzare quanto sopra, oltre a qualche breve filmato tratto dal gioco vero e proprio.
È interessante notare come due media all'apparenza così diversi per metodo di fruizione stiano facendo di tutto per avvicinarsi il più possibile l'uno a l'altro.

the last king of scotland


trovo sempre difficile parlare di un film tratto da un libro tratto da una storia vera.
che ogni cosa accade nel film te dici ma nooo, ma perchééé ma vah, ma quà e c'è qualcuno che esce fuori e ti dice ma vabbè era così nel libro/è successo veramente così, vuoi storpiare la realtà? ecc..ecc..

io di the last king of scotland non ho letto il libro
e non ho nemmeno una grandissima idea della "storia vera" (scusate ma sono debole della storia ugandese degli anni '70)
però ho visto il film, che è un buon film, che forse pecca nel voler essere troppo cinema, nel voler trasformare troppo una storia vera e un libro in cinema, mettendo elementi narrativi così brutalmente cinematografici che....ma, mi direte, magari sono accaduti davvero in realtà, ed era una storia già brutalmente cinematografica. l'ho detto io che è difficile parlare di un film tratto da un libro tratto da una storia vera.
(per certi versi può sembrarvi "la canzone di carla", ma il rapporto tra scozia e africa come paesi postcoloniali, sarebbe da indagare bene)


ma raccontiamola stà storia

anni 70, scozia. nicholas garrigan si prende la sua bella laurea in medicina e decide che è tmepo di alzare le tende e girare un po' il mondo. prende e va in uganda.
Si fa il suo bel viaggio nel continente nero fino a raggiungere un ospedale dove lavorerà con un altro dott. brittanico (già lì da anni) e la bella moglie di lui.
un bel giorno decide di andare a sentire un comizio del presidente ugandese Idi Amin..rimane in qualche modo affascinato dalle sue parole e quando lo incontra per curargli una distorione del polso, in emergenza i due si piacciono abbastanza, anche perché il presidente ha una certa predilizione (e feticismo) per la scozia e gli scozzesi..con i quali il suo popolo ha diviso la colonizz. britannica (ok, accelero la trama, se no si fa notte).
il nostro nicholas diventa il medico personale del presidente e un suo consigliere..e piano piano si accorge che il tipo mica ci sta tanto di melone e che il suo governo non è mica poi così illuminato come si aspettava.

come detto un buon film, Idi interpretato da whitaker vine fuori un bel personaggione che si salva sempre dallo sprofondare nella macchietta. il ritratto di quell'africa con i suoi paradossi e contraddizioni (volevo dire idiosincrasie ma in questo blog sarebbe vietato) riesce ad evitare un facile manicheismo, la fotografia e l'ambietazione 70s sono perfettamente rese ecc..ec..

insomma, bello godibile, una storia a tutto tondo (vera poi..) complessa e chiara al punto giusto ecc...ecc..
il problema?
unica pecca, come detto, è quella di voler fare troppo cinema.
la sceneggiatura sembra costruita appositamente su canoni "syd-fieldiani" (un tipo che scrive che tutte le sceneggiature debbano funzionare in un dato modo, con colpi di scena in determinati momenti ec..) e all'interno della storia vi sono elementi mooolto telefonati (tutti i rapporti di nicholas con le varie donne che incontra) così telefonati che sembrano costruiti apposta per reggere una struttura narrativa cinematografica (o anche prima letteraria) dato che al cinema costruire un film sul particolare rapporto psicologico tra i due protagonisti, è un azzardo...peccato, perché quando lo fa lo rende benissimo. vabbè d'altronde non è un film di bergman e, se è per questo, nemmeno vuole esserlo.

lunedì 5 marzo 2007

The Night of the Grazing Dead

Altro che Snakes on a Plane!



Qui trovate il filmato in formato QuickTime e di qualità migliore.

domenica 4 marzo 2007

World of Super Mariocraft

Geek alert: se non siete fan di Mario e/o World of Warcraft, questo video vi lascerà, nella migliore delle ipotesi, totalmente indifferenti.

venerdì 2 marzo 2007

Memorie di uno strazio

Visto Memorie di una geisha.
Eccoci qua con un altro mistero in 35mm.

Giapponesi degli anni 30 (interpretati per la maggior parte da cinesi) che parlano, si muovono e agiscono come in un action di Micheal Bay.
Personaggi di monodimensionalità disarmante, che oggi non trovi nemmeno nel più trascurabile serial TV. Forse nei salotti della De Filippi. Alla geisha incazzosa di Gong "ti spacco il c..o Bruce" Li (per citare Tha snatch) quasi non ci si crede: sembra il bullo di un college movie.
Un giappone da cartolina (di cattivo gusto), impalpabile e sintetico fino alle soglie di un cartoon 3D.

E una trama da mani nei capelli, che annaspa dietro ai peggio stereotipi del cinema d'epoca (la bambina separata dagli affetti e vessata dalle affidatarie, il benefattor cortese che resta nell'ombra, la rivale spregiudicata e maligna, la tutrice/maestra generosa e disincantata, ecc ecc).
Praticamente Candy Candy all'ombra del monte Fuji.

Da gettare al macero insieme all'insopportabile Rob Marshall, il classico utile idiota perfetto per le majors.

giovedì 1 marzo 2007

L'importanza di avere i baffi

Ricordo un episodio di "Ai confini della realtà" in cui un uomo sente il linguaggio mutare progressivamente intorno a lui senza alcuna ragione apparente. Tutto inizia una mattina quando la moglie offre al figliolo dei corn flakes, dicendo: "ecco il tuo dinosauro, caro".
E finisce con l'uomo, ormai totalmente alienato, che apre un abecedario e, sopra l'effige di un cane, legge "wednesday".

Ieri ho visto "L'amore sospetto", con Vincent Lindon ed Emmanuelle Devos, che sono entrambi di una bravura commovente. Lo spunto, semplice semplice, è: un uomo si taglia i baffi dopo 15 anni, ma nessuno se ne accorge. Di lì in poi la sua vita e la sua identità iniziano a sfaldarsi.

Non vengono fornite spiegazioni. Semplicemente, a poco a poco, i piani temporali iniziano a perdere consistenza. Il tutto con l'inesausta, algida eleganza del cinema francese d'autore.
Dura 82 minuti, ed è un bignè.
Più che fame, voglia di qualcosa di buono.