venerdì 1 giugno 2007

Le vite degli altri

Se ne sentiva proprio il bisogno. Finalmente qualcuno ha avuto il coraggio e la forza morale di denunciare quel vasto sistema di sopprusi e non rispetto della privacy che si era costituito in Germania dell'est. E chi lo sapeva che la Stasi spiava gli intellettuali dissidenti? E chi lo sospettava che a qualche ministro della DDR poteva non essere sconosciuta l'arroganza? é giunto il momento che la verità venga a galla, che si facciano distinsioni tra paesi autoritari e illiberali vicini all'Unione Sovietica, paesi che ti ritrovi i microfoni in casa, paesi che chi è al potere ha dei privilegi che tu non hai, paesi che per avere successo non conta il talento ma a chi la dai, e il nostro mondo di diritti.
Repubblica e Corriere condividono in pieno la retorica de La vita degli altri; mi pare invece che questa ne costituisca il punto debole. Soprattutto coloro i quali devono ingoiare il rospo di sentire ancora gente che si ostina a sostenere che il capitalismo è più pericoloso del comunismo (tipo gli ultimi due papi), hanno accolto questo film come un'arma in più nelle loro mani. Me li immagino uscire dalle sale con un ghigno di soddisfazione a dire: "Ecco, vedete cosa succedeva là? Visto che avevo ragione?". Per la verità a me la storia del tizio spiato mi faceva venire in mente le intercettazioni, il gossip, i reality show. Mi faceva pensare a cosa succede ai dissidenti oggi dove i mezzi a disposizione dei servizi segreti sono un pelino più avanzati di quelli della stasi; io mi sforzavo di contestualizzare, ma a fare il ministro pappone e ignorante c'hanno messo la cosa più simile a Mastella che esista in Germania! La protagonista femminile invece è un'attrice che si concede al suddetto ministro per arrivare al successo. In questo, effettivamente, la diversità la si avvertiva: si sa che da noi attrici e veline vengono selezionate in base ad infallibili criteri tesi tutti a valutarne talento e bravura.

La storia funziona ed è commovente, il film è ben fatto tanto che si fatica a credere che il regista sia un esordiente (giovanissimo)- i premi vinti sono meritati. Ma per dio, perché ridurlo ad un inutile documentario di rete quattro? o di raiuno?

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