mercoledì 28 febbraio 2007

ok, scateniamo un vespaio..



Ieri ho visto CSI las vegas.
c'era il fratello gemello di un tipo..separato dalla famiglia dalla nascita e adottato da una coppia ebrea.Dopo aver passato 20 anni in una base militare nella germania dell'est, torna in america, trova il gemello, lo uccide, lo surgela, prende il suo posto e decide di continuare per conto suo con gli esperimenti fatti dai nazisti nei campi di concentramento, rapisce tipi e tipe, li esamina, li tortura, li seziona ecc..ec...
finche' non uccide la figlia di una tipa la quale si incazza
e vuole vendicarsi e per incastrarlo va a letto con lui credendolo ovviamente il fratello gemello. ma poi non lo incastra mica, allora lo rapisce e lei (vestita con un completo di pelle nera, taccazzi ecc..) lo lega ad un'auto nel deserto lo spoglia e lo frusta con un gatto a nove code.

ricapitaliamo e aggiungiamo particolari:
esoterismo, sadomasochismo, nazismo, blocco sovietico, torture, sesso, vestiti di pelle, gemelli e scambi di persona, gemelli siamesi, diari di hitler, sotteraneo con celle medioevali, manoscritti misteriosi ecc..ecc..

per dire,
io csi non l'ho mai amato particolarmente (lo so..è cool..ma lo ritengo per molti versi narrativamente mediocre..litighiamo pure)
ma adesso fatemelo dire...
una serie completamente alla frutta.

la prossima volta i lupi mannari..
ah no..gia' fatti anche quelli (e non sto scherzando)

lunedì 26 febbraio 2007

Academy awards: primo giudizio a caldo

sapendo bene che poi in fondo in fondo degli oscar chissenefrega.
ma sapendo anche bene che poi non si parlerà d'altro
che ne pensate?
io credo che negli ultimi anni (crash a parte, ma quello è un mio pregiudizio) si tendi a premiare gli AUTORI (di altre generazioni) i veri e propri Filmoni , lasciando grazie al cielo da parte i melodrammoni che hanno dominato per un periodo (non li cito nemmeno, comunque la disfatta di babel la dice lunga)

cmq, nessuno scandalo, premi più che condivisibili in generale
una pecca per l'ennesimo documentario premiato per "pulirsi il culo"
cioé
della serie
"abbiamo un presidente che non è un granché, lo sappiamo, lo votiamo..ma vedete, poi diamo l'oscar al ciccione con berretto che parla male di lui....Inquiniamo come le bestie, lo sapete quanta merda abbiam mandato nell'atmosfera solo per la notte degli oscar? quanta elettricità buttata via? ma però, guardate, premiamo il powerpoint dove dice che dobbiamo fare qualosa per cambiare il mondo" e via dicendo
no..a me Una scomoda verità è anche piaciuto
contenuti interessanti, al gore che ci mette faccia e storia è apprezzabile ecc..
però, dai come documentario non va oltre la presentazione che era.

sabato 24 febbraio 2007

Lost, il segreto dei numeri

contiene spoiler solo per quelli rimasti alla serie1
per quelli che hanno visto, stanno vedendo la seconda..andate tranquilli, che questi spezzoni apparivano durante le pubblicità in US (credo)
per quelli che sono alla terza..vabbé

Lost labels..

per la prossima puntata di Lost, preparatevi snaks( e birra) della Dharma..
Insanely Great News
uhh ke bello!!!
finalmente anke io neolaureato (ok...son passati quasi 5 anni ma il neo mi fa sentire più giovine...) al DAMS Cinema posso sentirmi qlcsa di più di uno ke kredeva di aver perso 5 anni della sua vita inutilmente...
Basky non lo sai...ma indovina un pò con ki stavo per lavorare??
Ti dice niente Maria Martinelli?
...se si e si se no aspetto ke cerchi (cerkate) e...
Cmqe tra qlke gg mi farann sapere per iniziare la produzione di un Doc all'interno del supercarcere di Pesaro (forse nn lo dovevo scrivere ke magari mi stan spiando...).
Parekkie menate con permessi etc etc.
Avrò un operatore se Dio vuole e kiaramente mi copriranno di soldi...del Monopoli...ke magari da qlke parte valgono anke...
Beh...ti (vi) tengo aggiornato/i
PS: ieri ho fatto la comparsa per la Fiction RAI "Liberi di giocare"...INCREDIBILE...mi hanno messo ha fare l' ultras cattivo ke infamava il perdente di turno...
Va beh...sembrerò un pò egogentrico ma era doveroso comunicare la mia felicità...
W la gnocca...per ki si fosse scordato
a presto
il disilegno pigro
prova...

venerdì 23 febbraio 2007

Borat TG

questi due filmati non sono presenti nel montaggio finale del film quindi non vi rovinate nulla...nonostante con il doppiaggio italiano di pino insegno vi rovinate tutto lo stesso.

se avete già visto il film, sapete l'inglese e vi chiedete cosa c'è di vero in borat e quale sia stata invece la messa in scena andate su questo articolo di salon.
se volete leggere le poche parole che scrissi a caldo..

cmq, in attesa della recensione di francesco (prenotata da mesi...) ecco i filmati..

borat hunting



borat at wine tasting

Studio 60 on the Sunset Strip


C’è un programma televisivo, qualcosa simile al Saturday Night Live, che va in onda da 20 anni ogni venerdì sera. Un bel giorno il produttore esecutivo sbraga, cioè vedendosi negata la possibilità di mandare in onda in diretta uno sketch che prende in giro i cristiani, decide senza preavviso di interrompere la trasmissione con un monologo dettato dal cuore, in cui getta palate e palate di merda sul mondo dello spettacolo americano e sulla società in generale, toh.

QUEL venerdì è anche il primo giorno di lavoro del nuovo direttore dell’emittente che trasmette lo show e che si trova a dover riorganizzare un programma che è un po’ la punta di diamante del canale. Ci riuscirà?

Questo è un po’ l’antefatto di una serie tv che sta andando in onda ora in USA e che si intitola Studio 60 on the Sunset Strip, con l’incantevole Amanda Peet (ho preso una bella botta per lei, tra l’altro con un film che non oso riportare qui), Matthew Perry (il Chandler di Friends), altri attori che non conosco e spesso ospiti illustri (Una mamma per amica, Sting).
Devo dire che mi piace molto. Dopo le prime puntate, di assestamento, negli episodi successivi seguiamo la nascita e l’evoluzione di uno show comico che cerca di andare un po’ controcorrente. In particolare vedendo tutti i problemi che si fanno gli autori, gli attori dello show nella loro vita privata e all’interno dello spettacolo, si può capire che alti e bassi vi siano nel giudizio morale che guida la società americana. Per spiegarsi meglio ogni comportamento assunto da un personaggio pubblico a turno deve fare i conti col peso del giudizio di un gruppo popolare che difende i diritti dei gay, dei cristiani, degli analfabeti, dei carciofi e così via. Sembra che conti solo questo giudizio e che non ci sia una coscienza collettiva in grado di discernere ciò che ha senso da ciò che ne ha un po’ meno.

Detto questo primo non so quanto sia verosimile il panorama che viene fuori dai castelli che si fanno, ma perché no; secondo è bene notare che in Italia non ci si farà di certi problemi ma sicuramente di altri, come fa notare il buon baskjev nel suo blog.

Per il resto ritengo sia un telefilm piacevole, che non mostra niente di particolarmente geniale e soprattutto quei coupe de theatre che vanno tanto di moda. Mi sembra convincente, no?!

Per finire, nonostante i dirigenti e i produttori dello show facciano spesso la parte di eroi che se ne fregano delle logiche commerciali e a cui interessa solo proporre un prodotto di qualità, la serie invece vive nel mondo reale e forse non vedrà una seconda stagione perché gli ascolti sono troppo bassi.

giovedì 22 febbraio 2007

le top ten


chiudiamo le diatribe e le rassegne letterarie con una proposta di una stupidità e di una banalità che mi poteva venire solo dopo 4pinte di birra.
datemi i primi 10 scrittori che vi vengono in mente, giusto per conoscerci un po' che così possiamo rovinare amicizie sul nascere (so che ci sarà un dan brown) e dai.. magari poi scopro qualcosa di nuovo.

non bluffate, nn devono essere i più grandi scrittori di tutti i tempi e sono sicuro che ne mettereste 40 se si trattasse di metterne 40 (ma sitratta di 10)
e non fate troppo i fighi che poi sarete obbligati a portare un libro di un autore da voi citato in una sala d'aspetto delle usl.

per sicurezza di non finire a parlar del manzoni o di fitzgerald...i "classici" sono proibiti..mettete autori VIVENTI (se possibile..se siete dei necrofili letterari..pazienza, non vi vogliamo male per questo)
non devono essere in ordine di preferenza e nemmeno i libri da portare su un'isola deserta

così a caso, i primi 10 scrittori che vi saltano alla mente, quelli che comprereste un fustone dash se vi fosse un loro libro in regalo...quelli di cui conoscete la bibliografia a memoria e stupidamente attendete l'uscita del nuovo libro e lo comprate sapendo che in 2 mesi di tempo uscirà tascabile a metà prezzo.
quelli che se vengono in città vi sbattete anche per andare alla presentazione del suo libro e vi fate anche fare un autografo, anche se sapete benissimo che a voi degli autografi ne frega solitamente una mazza e che intanto autografo o meno quel libro NON varrà mai qualcosa negli anni a venire (quindi smettetela di pregare la morte a quegli autori, se muoiono non potete metterli nella lista)
quelli che..insomma, ci siamo capiti

e se scrivete male il nome non preoccupatevi
a me capita sempre

vado io:
- dave eggers
- DF Wallace (anche se capisco la metà delle cose che scrive, oh, lo trovo divertente)
- aimee bender
- douglas coupland
- douglas adams (oohh..cazzo è morto..ovvio..scusate..mmm.cambiamo genere e facciamo Jonathan Franzen allora..sì, lo so.. da spararsi.. lo so.. se ci mettessero un suo libro nel fustone non ci sarebbe più spazio per il detersivo)
- chuck palahniuk
- H.A Homes
- hornby (il primo hornby)
- paolo nori
- joe r. lansdale

l'autore che mi piace ma che mi vergogno ad ammettere che mi piaccia (e che una volta non sopportavo): ammaniti (a parte branchie..quello proprio non lo cammallo tuttora..ah..anche Io non ho paura nn m'è particolarmente garbato..vabbé..)

ora tocca a voi..

Girls...quando ancora ero un uomo "leggente"

se si inizia in questo blog a parlar di libri io non la finisco più.
poi chi mi conosce noterà che parlo sempre degli stessi titoli, degli stessi autori...
e tutti datati pre-2004 (anno in cui, muovendomi in irlanda, ho praticamente smesso di leggere)
e mi si manda giustamente a cagare.
(tendo sempre a consigliare negli ultimi anni, libri che ho iniziato e non ho mai finito di leggere...facendomi odiare poi da tutti, quando il finale risulta una vaccata immonda)
ma questo è diverso.
Girls l'ho letto che saran 2 anni fa.. o forse più.
ed è un libro così fastidioso da risultare sublime
ti prende, ti mette in una posizione nella quale non vorresti (mi auguro) stare e ti tiene lì per tutte le sue 200passa pagine.
ed è un libro che ti dà letteralmente del Tu
che parla in seconda persona.

così misogino e scorretto da farti sentire un ipocrita.
forse è l'ultimo libro che ho letto ad avermismosso qualcosa
anche perché dopo quello non sono andato oltre le istruzioni per il tostapane

(sì..ha le istruzioni)

cattivissimi



le rispettive nuove serie di south park e family guy
sono di una cattiveria
di un politicamente scorretto

inimmaginabile.

tra 10 anni si studieranno all'interno dei cultural studies per capire come durante la presidenza bush sia proliferato il bisogno di scorrettezza e di cartoons al limite della censura, probabilmente per crogiolarsi della loro libertà d'espressione in un periodo in cui molti punti interrogativi son presenti da questo punto di vista
cmq in italia mai e poi MAI e ancora MAI si potranno fare cose di quel genere senza scomodare MOIGE, papi, andreotti, costanzi, fiorelli, arcigay, arcipreti, arcicasalinghe, carabinieri, parlamentari, senatori, bibliotecari,pensionati, socci, moggi,gasparri)

per dire
south park:
vescovi con bambini nudi al guinzaglio (la grandezza di south park e che non si sofferma nemmeno su questo..appare così, quasi sullo sfondo.)
steve irwin (il crocodile hunter morto di recente...oh...il corpo è ancora caldo) con la razza che l'ha ucciso infilata in petto mentre entra in un party in onore del diavolo

family guy (i griffin)
britney spears che usa sua figlia come posacenere



della crema solare su un bambino (stewie) che viene scambiata per sperma da una certa angolazione (ok detta non rende..ma dovete vederlo)

aggiungiamo la presa per il culo delle teorie dei complotti del 9/11
la vagina di oprah (oggi è due volte che scrivo sto nome..mah..e non lo avevo mai scritto in vita mia, la vita a volte) che con il suo buco del culo commette un crimine (immaginatevi se si facesse in italia anche solo con la marcuzzi..per dire)
una maestra che ha una relazione con...
vabbé c'è tanto tanto tanto ancora..

the office...US


ne avevo già parlato qua e mi ripeto, che mi tocca ripetermi..
the office ragazzi..
the office....
non fermatevi ai primi episodi della prima serie, che deve ancora ingranare e si lega troppo alla matrice inglese.
abbiate fede e continuate storcendo pure ogni tanto il naso.
poi gli autori ci prendono gusto, capiscono che possono andare avanti in libertà staccandosi da gervais..i personaggi si fanno più complessi, più tondi, le storie si intrecciano..
ed allora.
the office ragazzi..

L'arte del contorsionismo

Visto che avete cominciato a parlare di libri, ne segnalo uno anch'io.
The Contortionist's Handbook, di Craig Clevenger, segnalatomi dal buon baskjev (e che lui non ha ancora letto) e consigliato nientepopodimeno che da Chuck Palahniuk sul suo blog.

E il consiglio dell'autore di Fight Club non è casuale. La prosa e la storia scritta da Clevenger devono molto a Palahniuk, al punto da essere quasi interscambiabili. Anche se a volte questa similitudine è fin troppo evidente e rischi di essere fastidiosa, l'intreccio di Clevenger è comunque originale e avvincente e ha uno dei finali migliori che io ricordi di aver mai letto, semplicemente favoloso.

The Contortionist's Handbook narra la storia di un uomo circa 25/30 anni, maestro del cambio di identità. Il personaggio in questione cambia regolarmente identità quando quella attuale non è più utilizzabile, di solito in seguito a uno "splitter", un mal di testa così doloroso da spingerlo ad andare in overdose da antidolorifici nel tentativo di allontanare la sofferenza.
E al suo risveglio deve sottoporsi a un esame psicologico per accertare che l'incidente non sia stato un tentativo di suicidio. Il problema è che non è la prima volta che questo accade, e quindi 'sto tizio (di cui non ricordo il nome) deve cambiare identità ogni volta per evitare di finire in un ospedale psichiatrico. Il tutto complicato dalla presenza nella sua vita di una donna di cui è realmente innamorato.

A me è piaciuto molto, ma sono un amante dei libri di Palahniuk, ma penso che The Contortionist's Handbook valga la pena di essere letto.

E prima o poi qualcuno sente l'esigenza di rispondere!

Dici bene vecchio mio, a te il libro non è piaciuto, ben venga, sarebbe un male se tutti la pensassero in modo identico e poi non è comunque un capolavoro, dunque non mi metto a difenderlo oltre una certa misura: se mi avessi detto questo riguardo ad altro sarebbe stata lotta aperta.
Bhe, le opinioni restano opinioni e per quello che mi aspettavo dal libro ho detto semplicemente che mi ha stupita e che mi ha dato più di quel che pensavo. Non ho mai affermato che fosse un capolavoro, ma non potrete certo dirmi, di fronte a un mare di altre cose pessime, che sia scritto male?!
Simpatico il paragone con le scimmie, in effetti è quello che siamo tutti, inclusi io e voi, nulla di più!
Solo una domanda: da dove viene tutta questa aggressività repressa?! Dico per i modi più che altro...Io la metterò sul sessuale anziché sul darwiniano: cos'è, non si tromba forse mai?!
Avete visto al copertina di Libero stamattina?! (Dico il quotidiano) I problemi su cui scagliarsi con tale sinpaticissima ferocia son ben altri!!!

Crautispaziali e Bonzomissile

Crautispaziali e bonzomissile.
Perchè scrivere "crautispaziali e bonzomissile"? Perchè si può scrivere qualsiasi cosa.
Basta pigiare in sequenza sui tasti desiderati.

Lo sapete no il paradosso? Se si dessero infinite tastiere in mano a infinite scimmie e le si facesse digitare all'infinito, prima o poi qualcuna scriverebbe La Divina Commedia. Prima o poi qualcuna scriverebbe anche Io uccido. Il calcolo delle probabilità. Arriverebbero persino a scrivere una decina di righe in cui sostengono che Io uccido è un buon libro.
Oppure crautispaziali e bonzomissile.

Si può scrivere davvero qualsiasi cosa.

mercoledì 21 febbraio 2007

Io uccido


(non proprio io, dico il libro di Faletti!!!...)

Bene bene, dopo l’entusiasmante lettura di Il profumo, mi sono gettata nel diabolico abbraccio della scrittura di Giorgio Faletti, in questo libro uscito ormai da un po’ di tempo e che ancora non avevo avuto occasione di saggiare. Direi che mi ha sorpresa anche questo (è il periodo surpryse!!), perché avevo ipotizzato, date anche le dimensioni del volume, di annoiarmi assai e invece eccomi qui, coinvolta in una lettura frenetica dopo aver superato le prime iper descrittive pagine, sveglia di notte con la torcia in mano pur di comprenderne il più in fretta possibile l’intreccio. Per essere un esordio è stato quasi miracoloso: un testo scritto benissimo (ora capisco perché se ne era parlato tanto), strapieno di colpi di scena, originale nell’intreccio e capace di portare avanti nella maniera più corale possibile uno svariato numero di personaggi tutti egualmente sviluppati. A parte ovviamente la psiche di Nessuno e quella del secondo protagonista Frank Ottobre, con non troppe pennellate si disegnano i tratti di uomini e donne, da Nathan Parker a tutte le vittime di Nessuno, dal commissario Morelli a Nicolas Hulot con sua moglie Celine, di tutti si avverte il peso, la presenza, si viene coinvolti nella vita di ciascuno di essi e si vive con loro la paura e allo stesso tempo la fascinazione per questo personaggio. Un romanzo impeccabile, un thriller interessante e sicuramente orrorifico, un’ottima base anche per costruirci un film, anche se non sarebbe necessario.

Un pulmino pieno di froci

A me John Cameron Mitchell piace.
E' uno dei vertici inferiori della triade che oggi incarna l'epitome del cinema queer: in cima sta Gus Van Sant, che generalemente coproduce, al suo fianco Jonathan Caouette (autore del devastante Tarnation, il film più doloroso degli ultimi 5 anni).

Mitchell ha girato due lungometraggi. Il primo fu il musical divinamente kitch (e con brani da infarto) Hedwig - La diva con qualcosa in più. Il secondo, ora, è Shortbus. Che è niente più e niente meno di una melodramma corale dolceamaro in saporita (magari un po' risaputa) salsa newyorkese. Funziona alla perfezione. Che se ne sia parlato alla nausea solo per l'alto contenuto di esplicito erotismo (anche e soprattutto omo) è solo ennesima riprova del degrado intellettuale ed etico, e dell'ipocrisia feroce, dei tempi che corrono. Sia invece lode agli dei se film del genere cominciano ad arrivare ad una decorosa distribuzione: la società si cambia anche così.

Delizioso. E con una splendida soundtrack.

Il terrone, l’ebreo e lo zingaro: l’armonia delle differenze di fronte a scontri di sempre


Lo so, questo è un blog che si dovrebbe occupare prevalentemente di cinema, ma non posso fare a meno di commentare lo stupefacente spettacolo al quale ho potuto assistere ieri sera al Teatro Grande di Brescia, per la modica cifra di poco più di un biglietto del cinema (e ci tengo a sottolinearlo). Un’esperienza di piacere puro. Posso definire le circa due ore di musica infaticabile e impeccabile solo in questo modo: come un momento di gioia che pervade e di voglia di muoversi e lasciarsi andare a ritmi trascinanti al quale è davvero difficile resistere. Ad un certo punto dello spettacolo erano tutti talmente incantati dalla magia del momento da non riuscire a stare fermi, nemmeno dietro al mixer, nelle quinte o in platea.

Eccezionale.

L’ormai conosciuto ed eclettico siciliano Roy Paci, il pluripremiato e più famoso esponente della musica Klezmer: lo statunitense Frank London e Boban Markovic con il figlio Marko, accompagnati dall’insostituibile Boban Markovic Orkestar, hanno creato per noi sul palco un interessantissimo e perfettamente funzionante insieme di rielaborazioni di brani musicali appartenenti ai loro retroterra culturali, di pezzi originali e di nuovi arrangiamenti proposti per l’occasione, riuscendo a fonderli in maniera ineccepibile, quasi che a un certo punto questa fiera di fiati, trombe, trombe tedesche, flicorni, tube e batterie potesse smettere di suonare semplicemente brani studiati e si mettesse piuttosto a dialogare, musicalmente parlando, sulla scena. A parte il fatto di consigliare di andare ad approfondire le biografie di ogni singolo artista e in tutta fretta a recuperare i loro lavori, cosa che farò anche io immediatamente, resto comunque stupita dall’idea prima di tutto, anche “politica”, mettiamola così, di fare uno spettacolo del genere, che parla di rispetto e compenetrazione culturale e dalla una bravura e competenza che nella mia pochezza musicale comunque non ritrovavo da un po’. Sorprendente il “La” infinito di Marko Markovic, la ritmica irresistibile di tutta l’orchestra, la voce, calda e particolarissima di Boban e la capacità di Paci di suonare praticamente tutto ciò che abbia che fare con il suo strumento e non solo: un eclettismo portato avanti con estrema competenza e sinonimo di continua crescita artistica. Tuttavia quello che personalmente mi ha toccata di più è stato il suono della tromba di London: ognuno dei quattro principali musicisti è riuscito ovviamente a rendere lo spettacolo integro, di forma compiuta, esprimendo allo stesso tempo se stesso ed il proprio sound, ma quello malinconico e frenetico, intenso e leggero, estremamente variabile e fine della musica klezmer di Frank, mi ha saputa coinvolgere maggiormente.

Che dire? Mi sembrava di aver già sentito alcuni di loro (ad esempio nei film di Kusturica, come Underground e Arizona Dream, che sono stati firmati da G. Bregovic, ma dietro ai quali c’è sempre anche la G. B. Orkestar, ma non essendomi informata prima non avevo direttamente collegato il già sentito all’orchestra e viceversa), tuttavia ascoltarli in questo modo, dal vivo, mi ha comunicato energia pura, colpita emotivamente e divertita moltissimo.

Un’esperienza che consiglio al volo a chiunque: uno spettacolo musicale così ben fatto e divertente che non può non piacere.

martedì 20 febbraio 2007

Un bel weekend

A Weekend in the City, l'ultimo disco dei Bloc Party.

Stilisticamente non di discosta molto dal loro lavoro precedente, Silent Alarm, quindi si ritrovano le stesse sonorità. Finora sembra davvero un bel disco (speriamo che poi non diventi uno schifo come il secondo dei Franz Ferdinand...), piacevole e originale. Se vi è piaciuto il loro primo album, A Weekend in the City è decisamente consigliato.

lunedì 19 febbraio 2007

Il labirinto del Fauno: l’ormai mito di Ofelia e la fuga dalla realtà ( e chi se l’aspettava?!)

Un film che mi ha trasmesso direttamente sottopelle l’idea della crudeltà indicibile della guerra e dell’umanità nei suoi risvolti peggiori. Questo piccolo capolavoro esteticamente davvero potente e suggestivo, come in effetti solo una favola perfetta sa essere, a livello emotivo mi ha colpita moltissimo. Ogni immagine del film è satura di rimandi psicologici, mitologici, di icone di ogni tempo e paure archetipiche. La fotografia di Guillero Navarro è eccezionale e fa da subito pensare ad una sensibilità estetica anche violenta, di quelle che potremmo rimandare a Un chien andalou di L. Buñuel e S. Dalì : è immediato a questo proposito l’accostamento visivo alla scena della morte di Vidal ( al suo occhio), mostrata nel dettaglio in maniera talmente verosimile da scavalcare la realtà stessa per sottolinearne in maniera abnorme gli aspetti più bassi e crudeli. Era da tempo che non trovavo un film così capace di rendere sia a livello figurativo che più propriamente psicologico e narrativo il punto di vista di un bambino, in grado sul serio di trasfigurare la realtà in sogno e viceversa. La ninna nanna di Mercedes che fa da sottofondo al finale è uno dei momenti più struggenti che abbia mai vissuto, forse perché Del Toro riesce perfettamente a farci amare questo sguardo innocente sulle cose, la magia che Ofelia (una perfetta Ivana Vaquero) si crea intorno e che a molti, della propria infanzia, piacerebbe poter recuperare. Lascia ancora più malinconici, quasi senza parole, il pensiero di desiderare intensamente in realtà che ogni fine misera e ingiustificata, anche dignitosa, ma comunque e sempre crudele, come la morte di questa bambina, possa riscattarsi nell’accesso ad un altro mondo. Trascinati in maniera dolce e convincente nell’evolversi degli eventi del racconto ci si scopre a pensare, immersi nei colori della mente, della fiaba e allo stesso tempo della ricostruzione storico-romanzata, che il “padre Re” e la “madre Regina” inevitabilmente non possa essere che un sogno, ma non per questo meno vero della realtà, poiché nella mente dei bambini i sogni rappresentano precise verità (esattamente come in quelle dei folli, alle quali non si può non collegare l’eterna questione della fuga dalla realtà, intesa sia come fenomeno negativo, malattia, che come forma di salvezza propriamente mentale). Osservare le dinamiche di questa mente giovane e sognatrice in un momento aberrante come quello dello scontro in guerra tra violenza allo stato puro e resistenza, risulta affascinante e allo stesso tempo estremamente triste, poiché ci si trova a guardare al punto di vista dell’infanzia in maniera ormai disincantata e dunque sensibilmente diversa. Il labirinto del Fauno mi ha saputo raccontare parte della storia di una guerra, parlare di scontro in sé e per sé, di infanzia e allo stesso tempo di cosa significa per molti la disillusione dell’età adulta, mi ha stupita con i suoi mostri e le figure sorprendenti (vedi il rospo nell’albero o l’agghiacciante Orco Bianco) che in esso vengono raccontati, a livello visivo colpita in pieno e sarà anche una questione di sensibilità personale, non so, ma soprattutto lasciata di sasso per la capacità di fondere tutto questo in maniera ineccepibile.

Un piccolo capolavoro, una delle storie più belle e più terribili che abbia mai visto e ascoltato, un film che sinceramente da parte di Del Toro non mi aspettavo.

sabato 17 febbraio 2007

The Departed: sono ancora nel dubbio più atroce, eppure ho fatto passare del tempo!

Ma The Departed, vi è piaciuto?!
Premessa: io non ho visto Infernal Affaires, di cui tutti mi parlano veramente bene, quindi non ho un parametro di confronto. Vedendomi di fronte per la prima volta all’intreccio del racconto, l’ho trovato interessante, soprattutto per quanto riguarda le dinamiche del ribaltamento costante dei ruoli interpretati da Di Caprio e Damon e della pressione psicologica su personaggi già problematici in partenza. Il film mi sembrava avere un buon ritmo, scorrere via bene, più che altro interessa e anche il Costello che ho trovato quasi comico, caricaturale nell’interpretazione di Nicholson, faceva da ottimo diversivo, o da parentesi interessante tanto quanto singolare. Non so, alla fine mi ero detta: non male, di certo non un capolavoro, recitato forse bene, ma non in maniera del tutto convincente (soprattutto per quanto riguarda Damon, ma anche Nicholson stavolta, che in effetti ricordava più il protagonista di Shining piuttosto che il super mafioso che ci si aspettava di trovare…comunque ben venga: dico il deludere le aspettative!). Finale ridondante (non so com’era l’originale, ma c’era bisogno di fare proprio vedere la morte di tutti? Non la si poteva rendere intuibile?! Mi sarebbe sembrato di certo più elegante).Gli ultimi Scorsese direi che non mi piacciono, non so, forse si tratta di stanchezza, comunque lascio il merito al regista di avermi fatto conoscere la stimolante trama di Infernal Affaires. In conclusione direi: un film piuttosto divertente, ma mi hanno dato di più Lord of War di Andrew Niccol e L’uomo delle previsioni del tempo di Gore Verbinski, sia in termini di originalità che per la capacità di rendere l’argomento con poco o nulla (poi del primo ho apprezzato particolarmente l’ottimo montaggio).
Ma c’è poi bisogno davvero di tutti questi remake?! Bha…

venerdì 16 febbraio 2007

Seguendo la scia dei titoli creativi, Il calamaro e la balena ( lo so, è un po’ lunga, ma mi è venuta così!! Sorry)

Direi che sono una di quelle persone che possono ritenersi accanite seguaci di un certo tipo di commedia che ormai da diversi anni sguazza nell’ansa di un genere alla sorgente del quale metto film come The Royal Tenenbaums (2001) e Rushmore (1998), entrambi di Wes Anderson. Non giunge dunque del tutto inaspettato un lavoro come quest’ultimo film di Noah Baumbach (2005), che sotto molti punti di vista soddisfa in gran parte le aspettative di chi è corso a vederlo, consapevole della comune sensibilità letteraria di Anderson e Baumbach e del fatto che quest’ultimo è stato anche il suo sceneggiatore per Le Avventure Acquatiche di Steve Zizou (2004). In effetti è vero, si ritrova un po’ quel che ci si aspettava di incontrare, ma dal mio punto di vista stavolta anche molto di più: la commedia riduce il proprio spazio vitale per lasciare aria al dramma e in maniera estremamente verosimile. Probabilmente parlo solo a nome di coloro che hanno una precisa estetica e sensibilità, perché film come questi, che dicono molto, che parlano anche di cose importanti, ma soprattutto di contraddizioni e tendendo sempre a sdrammatizzare, spesso estremamente colorati (di nuovo ci si trova di fronte alla coloratissima e molto studiata fotografia di Robert D. Yeoman, che accomuna ancora una volta Anderson e Baumbach, pensando tra l’altro al fatto che il primo, in questo caso, è anche produttore del film), possono anche non piacere per nulla. In questo caso tuttavia Il calamaro e la balena potrebbe piacere un po’ a tutti e probabilmente in particolar modo a chi ha vissuto esperienze simili a quelle raccontate.
Così come ho sentito profondamente i film sopra citati direi che ho vissuto in maniera intensa anche questo, che tuttavia mi ha sorpresa, proprio perché ha saputo assecondare le mie aspettative ma allo stesso tempo stupirmi tradendole. Le atmosfere, la Brooklyn degli anni ’80 con lo zampino scaltro del Super 16, che ricorda molto la fotografia dell’epoca e di intelligentissime riprese che alternano veramente bene, come d’altra parte anche i film precedenti, riprese a spalla, molto mosse, ed altre invece statiche, elaborate e controllate ai limiti del disegno architettonico e della natura morta (ma sempre coloratissima)…sono tutti elementi che contribuiscono a rendere situazioni che portano avanti di pari passo una visione della vita quasi fumettistica e allo stesso tempo una grande nostalgia.
Cosa mi colpisce nuovamente in un lavoro del genere… La sincerità prima di tutto e la grande capacità di rendere certe dinamiche psicologiche senza bisogno di ricostruirle in maniera ossessiva: suggerendole piuttosto. In un momento che vive di ricostruzione quasi maniacale di drammi e tragedie di ogni tipo ( che noia), mi sembra che lavori come questi, di assoluta finzione, possano rendere decisamente meglio (o almeno, questo vale per me) di tanti altri. A parte l’interpretazione eccezionale degli attori e in particolare di Jeff Daniels nel ruolo di Bernard Berkman, sulle quali potrei spendere fin troppe parole e nonostante un finale volutamente lasciato aperto che a molti potrà dare fastidio (ma che io ritengo più che adatto all’argomento stesso del film e sapientemente discreto), io trovo nella storia di Baumbach la facoltà straordinaria di far venire a galla il costante interrogarsi che sta alla base delle dinamiche famigliari e di relazione e in ultimo della comunicazione in generale.
La situazione del divorzio è resa benissimo: nonostante il matrimonio sia stato anche positivo e le persone verosimilmente non smettano di volersi bene, tuttavia l’esperienza finisce, quasi per caso, per scelta arbitraria, come spesso accade, senza effettive spiegazioni razionali, ed ecco che ognuno riveste il proprio ruolo: la donna è colei che decide, sempre un po’ egoista e ogni volta risolutrice di situazioni ormai statiche, il padre più buono e insicuro teme di perdere i figli, ovvero tutto ciò che gli resta della sua vita e degli ultimi vent’anni (dati anche i frequenti insuccessi in ambito lavorativo), ognuno cerca di sedurre i figli per portarli a sé, si sfoga in massa il proprio egoismo e si teme contemporaneamente di sbagliare, i figli adolescenti che cominciavano a dare forma alla propria personalità vedono sgretolarsi inevitabilmente davanti ai loro occhi il mito dei genitori e li scoprono tristemente esseri umani: dunque impantanati in evidenti contraddizioni, perversioni varie, attrazioni vaghe e via dicendo. A livello estetico la vicenda potrebbe essere vista come un buon stereotipo, ma anche questa volta il film lavora in realtà in maniera molto più sotterranea e le persone vere saltano magicamente fuori da battute, dialoghi, attraverso semplici modi di porre certe questioni, anche solo a partire dallo sguardo di chi sta dietro alle macchine da presa. Non saprei nemmeno come spiegarlo (per questo sono così prolissa): per me questi film lavorano davvero in maniera psicologica (oppure è la mia psiche che ormai è andata a p…). Eppure lo vedo qui, scorrere sullo schermo, il rapporto eccessivamente confidenziale, lusinghiero e distruttivo di un genitore che teme di perderti: vedo uomini e donne veri, estremamente vaghi e labili. Nella risata isterica della madre percepisco l’ironia della sorte, il modo molto umano di superare le cose anche peggiori, così, quasi senza coscienza, e proprio in figure colte, razionali, che sembrerebbero poter calcolare con cura i propri passi; vedo nei personaggi la capacità di giocare sulle proprie parole, sulla cultura e su un certo uso del linguaggio, al fine di manipolare le persone care, per paura, per insicurezza, o semplicemente per proteggersi. In questo film viene resa assai bene la destabilizzazione di una famiglia colta, che comprende la psicologia degli individui e che ride scettica sull’indomabilità dei sentimenti, la personalità di chi sa osservare bene gli atri, di chi analizza e che tuttavia non riesce ad avere la meglio sulla propria vita. Allo stesso modo vedo precise e sfuggenti le figure di adolescenti giustamente in fase di formazione del proprio carattere e che di fronte alle crisi dell’età adulta si trovano ancora di più nella situazione lampante di dover scegliere chi essere, con la consapevolezza di non avere alcuna certezza su presente e futuro.
In sostanza in questo film ogni cosa parla di labilità e di contraddizione, di piccolezza e impotenza, dunque, dal mio punto di vista, di essere umano puro.
Anche il ridimensionamento finale di entrambe le figure genitoriali da parte dei figli, inizialmente schieratisi da un parte piuttosto che dall’altra, e il loro allontanarsi all’improvviso da loro, dinamica naturale in queste situazioni probabilmente accelerata, ma allo stesso tempo inevitabile, mi sembra degna conclusione e conseguenza della situazione che questo spaccato ci vuole offrire.
Se mi chiedessero in un’altra vita di fare film con queste sceneggiature, basati sulle stesse scelte musicali di fondo, su questo tipo di fotografia e con gli stessi ritmi, ci metterei la firma, perché mi ci ritrovo in pieno.

giovedì 15 febbraio 2007

Dizionari con parole a caso

Dopo Black Book e relativo polverone sono capitato ieri su Flesh + Blood (L'amore e il sangue, 1985), esordio di Verhoeven a Hollywood. E' un melodrammone a sfondo bellico, in pieno medioevo, con Rutger Hauer e Jennifer Jason Leigh.

Dà da pensare. Se sfogliate il famigerato Mereghetti, sulla scheda relativa ci trovate un accusa di misoginia. Sai la novità. E' che la donzella di turno, eterea vergine (per poco) biondo cenere, usa corpo e cervello per conservarsi in vita e raggirare i maschi circostanti.
Nel farlo, capita pure perda il cuore per l'uno o l'altro degli energumeni. Embè?

Le eroine di Verhoeven hanno palle grosse come angurie, e sono icone femministe di sconcertante coerenza: libere (che di più non si potrebbe), sfacciate, forti come tori, ma capaci di amare con la necessaria (in)coerenza.
Per parlare di misoginia bisogna proprio esser confusi...

mercoledì 14 febbraio 2007

I'm just a cheerleader

Cosa otteniamo se mischiamo X-Files e X-Men? Heroes, ovviamente.

Questa serie americana ha come protagonisti una gruppo di individui che scoprono di avere dei poteri speciali. C'è chi sa volare, chi recupera da qualsiasi trauma fisico a velocità incredibile, chi prevede il futuro, chi controlla il tempo e lo spazio, e molti altri. C'è chi accetta questi poteri con entusiasmo, c'è chi ne è spaventato, chi li rifiuta.
I personaggi non si conoscono e hanno poco o nulla in comune, ma piano piano scopriranno di essere uniti da un destino comune.

E sullo sfondo, il figlio di un professore di genetica che si ritrova suo malgrado a continuare le ricerche del padre riguardo a questi super individui dopo l'uccisione del genitore, una non meglio identificata organizzazione segreta interessata alla faccenda e un serial killer molto particolare.

La rappresentazione di ogni personaggio e del suo rapporto con i nuovi poteri è uno degli aspetti più interessanti della serie. Hanno un non so che di reale, senza però essere mai troppo banali o prevedibili. Sono forse un po' troppo classici, ma rimangono credibili.

Al contrario di quanto accade in molte serie in cui ogni episodio racconta una mini-storia contenuta all'interno della trama principale, ogni puntata (io ho visto fino alla nona inclusa) di Heroes porta avanti la storia, e ogni episodio si conclude con un eloquente "To be continued". Sarà che forse gli autori non sanno ancora se avranno altre serie disposizione per raccontare la storia, quindi per ora non possono permettersi ti allungare il brodo.

Heroes si sta rivelando una serie ottima, con un buon cast e una trama interessante. Ce n'è un po' per tutti i gusti: super-eroi, serial killer, nemici nascosti nell'ombra, scontro tra Bene e Male.
Dateci un'occhiata, non ve ne pentirete.

Perchè niente è reale

Si chiama Il vuoto, come il singolo che l'ha preceduto.
Ma è ricolmo d'amore meditativo, che dice di freschi pomeriggi primaverili.

Pensieri leggeri si uniscono alle resine dei pini
si fa chiara la mente come nuvola

Questi mi sembrano tra i versi che meglio ne esprimono lo spirito.

L'ultimo lavoro di Battiato è come acqua che scorre: sembra nulla ma è necessario alla vita.
Cinici e prevenuti si astengano.
Per gli altri si spalanchino le stagioni.

martedì 13 febbraio 2007

Ricche & censurate

Warning ! ho avuto la sfortuna di guardare al festival di Rotterdam un documentario sulle grammy premiate Dixie Chicks.. Senza sapere nulla di queste “band”, volevo vedermi un bel doc musicale (tra l’altro qua’ e’ uscito “I am your Man” su Leonard Cohen, si dicono meraviglie) , dato che il pubblico lo aveva super votato. Dopo aver visto il film capisco il motivo di un tanto successo.
E’ contro Bush. Ah, beh, allora…
In pratica q
ueste solo per aver detto :
We are ashamed that the president of US is from Texas
son diventate delle paladine della liberta’ di espressione, eroine dei tempi nostri, e ci manca pure che le loro canzonette country diventino una nuova I-Feel-Like-I'm-Fixin'-to-Die Rag. (Canzonette che magari suonano anche bene, come country non c’é male, ma Johnny Cash gli avrebbe sparato all’istante per la totale manca di ironia).
Comunque Dixie Chicks: Shut up & Sing mette in scena due interessanti tipi di demenza: chi compra i loro cd e va ai loro concerti perche’ sono contro Bush, e chi li compra e va ai loro concerti per contestarle e bruciare i 20 dollari dell’acquisto.
Bah, niente di nuovo, tutto molto americano e tutto gia’ spiegato da Parker&Stone in I am a little bit country…

Saturno contro tutti

Venerdì esce il nuovo melodramma sentimentale di Ozpetek. Con Margherita Buy e Stefano Accorsi. Ripeto, Stefano Accorsi.
Il titolo è Saturno Contro. In senso astrologico. Ripeto, astrologico.

Ozpetek. Accorsi. Astrologia.

Mi portassero in sala e legassero alla poltroncina, pretenderei almeno la Nona di Beethoven in sottofondo.

Il cinema italiano cammina tra i vivi con orbite vuote e piaghe verdastre.

lunedì 12 febbraio 2007

Nessun post durante il weekend

Postiamo tutti dal lavoro quando, in teoria, dovremmo lavorare o eravamo tutti troppo impegnati ad avere una vita?





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Nightmares and Dreamscapes

E' una serie di otto episodi, minutaggio tra i 45' e i 55', tratti da racconti di Stephen King, che trovate in dvd solo sul mercato americano. Produzione Warner. Diciamo che è la versione ripulita ed expensive dei Masters of Horror.
Ci trovate una masnada di attori in gamba (per dire: William H. Macy, Claire Forlani, William Hurt, Samantha Mathis e altri) . Tutto girato in digitale of course.
Almeno un paio di episodi rendono l'acquisto consigliabile (Battleground con Hurt è sublime e non ha una riga di dialogo; Umney's Last Case con Macy molto buono; The end of the whole mess grazioso), ma la qualità complessiva è comunque più che dignitosa.
In ogni caso, siamo sul genere "famiglia davanti alla TV" non "Tette, budelle, bestemmie".
Una cosetta curiosa che se amate i racconti di King, con quella rassicurante rotondità mainstream, non vi potete perdere.

venerdì 9 febbraio 2007

Piccoli videogiochi crescono

Dopo un po' che si gioca ai videogiochi, viene da chiedersi perché quest'ultimi cerchino in tutti i modi di raccontare storie come se fossero dei film.

Giochi come i Final Fantasy più recenti e Metal Gear Solid, in cui la trama riveste un ruolo importante, fanno un pesante uso delle cosiddette cutscene, scene d'intermezzo che hanno in tutto e per tutto la struttura di un film: regia, inquadrature, recitazione degli attori virtuali. La struttura narrativa è presa di peso dal cinema e trasferita in un altro medium. E funziona, non è che non, ma lascia un retrogusto amaro perché uno degli aspetti più importanti del videogioco, l'interattività, viene sacrificato per far spazio alla storia, e perché ti chiedi per quale cazzo di motivo Kojima non si metta a fare film invece di abboffarci le palle coi suoi polpettoni deliranti.



Ma grazie al cielo esiste Valve.



Valve Software ha creato Half Life, Half Life 2 e Half Life 2: Episode 1, probabilmente i migliori esempi, e forse gli unici, di come il videogioco possa raccontare sul serio storie senza dover per forza tradire la propria identità e, soprattutto, senza cercare di diventare qualcos'altro.

Scritta con la collaborazione di Marc Laidlaw, la storia di HL narra le vicende di Gordon Freeman, uno scienziato che si ritrova suo malgrado coinvolto nell'incidente del complesso Black Mesa che portò sulla Terra la razza aliena dei Combine, con tutti i prevedibili casini che seguirono.

La vicenda è interessante, complicata e oscura al punto giusto, ma è la struttura narrativa di HL a fare la differenza. Il primo episodio della serie, pubblicato nel 1998 per PC e nel 2001 per PlayStation 2, è considerato come uno dei più grandi giochi della storia proprio perché rivoluzionò il panorama videoludico (mamma mia quant'è figo 'sto termine...) del tempo.



Niente custscene, niente momenti alla Lucas "Oh, giocatore/spettatore, occhio che adesso ti racconto un pezzo della storia e non vorrei mai che ti perdessi parte della mia splendida sceneggiatura". La trama è parte integrante del gioco vero e proprio, è un elemento fondamentale al pari della giocabilità. Il mondo di HL e soprattutto quello di HL2 sono il veicolo della storia, costantemente. Televisori accesi, ritagli di giornale attaccati a un muro, cartelloni pubblicitari, dialoghi tra personaggi non giocanti... questo è quello che compone la struttura di HL. Con la differenza che questi elementi non sono messi in risalto per essere notati, sono semplicemente fusi perfettamente nell'ambiente e sta al giocatore prestare attenzione a essi. E se non si ha voglia di ascoltare o leggere, ci si gira e si prosegue, magari per andare a piantare un bel termosifone, sparato dalla fida Gravity Gun, in faccia a un headcrab.



È per questo che HL rappresenta il videogioco finalmente maturo, conscio dei propri mezzi e libero da sudditanze psicologiche nei confronti delle espressioni narrative più affermate.

The kind warrior

Werner Herzog ha trovato l'uomo dei suoi sogni. E' Timothy Treadwell, sbranato dai Grizzly in Alaska dopo 13 anni di estati selvagge, in totale isolamento dalla civiltà. Sognatore alienato, mosso da entusiasmi ireffrenabili e gorghi semi-depressivi, incarnazione di una Missione Estrema, (ir)rinunciabile e disarmante.

Werner mette insieme l'ennesimo apologo sulla stupefacente, stolida bellezza della Natura. Ed è una delle cose migliori che abbia mai fatto (...tutto dire).

Treadwell è Kaspar Hauser, è Aguirre, è Fitzcarraldo. Ed è pure esistito.
Si faceva chiamare "the kind warrior", il guerriero gentile. E rideva come un bambino sotto la sua frangetta bionda.
R.I.P.

PS: ah, il film è Grizzly man per chi non lo sapesse.
PPS: la piantiamo di presentarci in questo blog? Ma un bel chissenefrega?

L'altra metà del cielo

studio sociologico.
avete notato che solo le donzelle han sentito il bisogno di presentarsi?
insicurezza, megalomania o semplice educazione?
ad Alberoni la risposta

finalmente si gioca

salve a tutti, anch'io per il momento non parlo di cinema, ma mi presento per un atto di egocentrismo mattutino. Sono strega barbara e non vedo l'ora di postare su i più disparati argomenti audio-visivi e gossippiani dell'etere e non solo. Ringrazio per il tocco di genio quel popò di stefano l'irlandese, perchè per una volta ha avuto davvero un'ottima intuizione, evolvendo il suo autolesionismo congenito...
asta la vista blogger

Charlotte Gainsbourg


Son cinquant’anni che si fan film sull’ Incomunicabilità e son più di cento che si fan film coi sogni. Ma non per questo ne ho abbastanza, anzi ben vengano quelle belle scene oniriche che piombano senza alcuna dissolvenza. Ultimi due esempi visti: The Science of Sleep e NuovoMondo.
Quello di Crialese è un gran pezzo di Cinema, l’emigrante Salvatore sogna un’ America dai pomodori giganti e bagni di latte, mentre il bel messicano Stéphane, probabile reduce da una festa al peyote, fa una gran fatica a capire quando sta sognando e quando sta vivendo una non certo esaltante realtà. Noi si fa po’ meno fatica a capirlo. Ma il risultato funziona e per certi versi è anche meglio del plurilodatointerra Eternal Sunshine of the spotless mind. Se non altro perché qua, con una produzione tutta francese e per nulla hollywoodiana (meno money), è dovuto tornare all’abc del fantastico:
carta forbici e colla, fondali dipinti, pupazzini di pongo, stop tricks eccetera. Melies e Segundo do Chomon sarebbero stati fieri di lui.
Ma a parte questo la cosa che più mi incuriosiva è la presenza in entrambe della francese Charlotte Gainsbourg.
Per l’appunto ho visto quasi uno dopo l’altro i suoi ultimi due film, ma ancora mi sfugge qualcosa di lei…non saprei..
ma per voi, ci sa fare ed è una gran figa o fa cagare?

PS Baskjev, fammi vedere tu come usi l’I-photoshop…

Ci sono anch'io!

Io invece sono Francesca e nemmeno io per oggi parlerò di cinema... mio presento e basta!
Non sono assolutamente "laureata" in cinema, solo un'appassionata... vi basta? Spero di sì!
Alla prossima.

giovedì 8 febbraio 2007

Ba(h)bel


sembrerebbe che parlar male di Babel sia come prendere a calci un cucciolo di foca..semplicemente non dovresti farlo.
quindi mi aspetto la stessa reazione che voi avreste se io prendessi a calci un fagottino bianco con grasso, baffoni e nasone.
però, come dirlo..personalmente eh? Inarritu ha un pochettino rotto i maroni.

Ok, io di principio non sono un fan dei film dove tutto torna, dove si vuole spiegare il significato misterioso della vita (ho odiato crash per questo) dove ti vogliono ricordare che se uno rutta in lituania una pecora viene tosata in nuova zelanda.

già 21 grams aveva mostrato dei segni di cedimento..però dai..come drammone rendeva anche
questo babel invece con l'ennesima riproposizione delle storie incrociate e dei salti temporali, ha un po' rotto.

premessa, le 3 storie che si snodano sono per loro stesse carine e intelligenti..senza spoilerare vi posso dire che si tratta di:
una coppia in viaggio in marocco
una badante mexicana (in usa) che deve tornare in mexico per il matrimonio del figlio
una ragazzina giapponese sordomuta (e moolto lolita) che cerca di farsi fiondare da qualcuno per sopprimere a una carenza d'affetto (mi sa)


però il legame che le unisce è quantomeno forzato (non per niente sono legate tramite l'escamotage delle fotografie)
il fatto poi che le storie si snodino in una dimensione globale, perché sapete, siamo in una società globalizzata ricordate il rutto e la tosatura? ecco, ti lascia un po' così, come a dire, ah, vabbé..e sticazzi.

il fatto che il tema principale delle tre storie sia l'incomunicabilità (cioè INCOMUNICABILITà) ti fa pensare che son 40 anni che si fan film sull'incomunicabilità...che c'è una filmografia enorme di film sull'incomunicabilità, che negli anni '60 per un certo periodo non si faceva altro che film sull'incomunicabilità, e allora riscopriamo l'incomunicabilità e sticazzi.

che quindi se devo mettere sulla bilancia due film recenti sull'incomunicabilità e vi piazzi lost in translation e babel
capisci che quest'ultimo è un film dove si dice troppo per essere un film sull'incomunicabilità, dove ti fanno un disegnino per farti capire che è dedicato all'incomunicabilità della società moderna.."vedi? abbiamo persone in vacanza in un luogo con un'altra cultura/religione/lingua/tecnologia..così diversi da noi che non riusciamo a comunicare..
hai capito? ok..ma voglio essere sicuro che tu lo abbia capito
e allora vedi anche nel nostro paese/cultura vi sono differenze di comunicazione..vedi come sono diverse le usanze mexicane rispetto alle nostre anche se viviamo insieme? vedi poi che loro parlano UN-ALTRA-LINGUA?
hai capito? forse ma non voglio essere sicuro
fanculo, calo l'asso..GIAPPONE eh eh? incomunicabilità a tutto tondo, no?
però dai..mettiamoci anche una RAGAZZINA SORDOMUTA IN CRISI ADOLESCENZIALE ecc..ec.."

insomma troppo chiaro, troppo detto, troppo spiegato, il tema troppo circoscritto e urlato
un po' come mettere per 10 volte la parola Incomunicabilità in un post che lo riguarda
puoi farlo
ma rompi i maroni


(voi mi direte: sì ma è girato bene? è ben fatto? e gli attori? ec..ecc..mi dispiace non saprei dire..cioé c'è un bel lavoro sui punti di vista..ma sapete, in un film globale sull'incomunicabilità....)

Una lezione di stile

Carice Van Houten è una con le palle.
Nei 135 minuti di Black Book si spoglia in tutti i modi in cui ci si può spogliare, ancheggia, seduce, tromba, combatte, trema, canta, balla, s'incazza, spara, si fa prendere a manganellate e ricoprire di letame. Alle soglie dell'exploitation.
Verhoeven, tornato alla natìa Olanda, non ha più bisogno di nascondere la mano: tira il sasso e la lascia ben in vista. Per accusare di revisionismo un'opera che si limita a non affondare nel manicheismo più retrivo bisogna avere il cervello in salamoia.
E bravo Paul...

mercoledì 7 febbraio 2007

Dirt e le serie tv "tradizionali"




giunto ieri alla puntata 6 in USA, Dirt è la nuovissima serie Tv (casa FX) con protagonista courteney cox resa famosa da Friends e dai vari Scream.
Iniziamo dicendo subito che migliora con l'età...ma non parliamo di gnocca, vah
La serie è incentrata su Lucy Spiller, capo redattore di due magazines uno di gossip e uno di news.
Lei è una donna-squalo che ottiene con ogni mezzo la storia da copertina: cinica, spietata, con un passato segnato da un trauma e un'attuale condizione di successo sempre in bilico a causa dei suoi scontri con l'editore.
Lei è temutissima e odiata da attori, politici, sportivi musicisti ecc.. Un suo articolo può creare o distruggere una carriera.
insomma, tutto ok se non fosse che per un qualche motivo la nostra eroina riesce a raggiungere l'orgasmo solo dopo varie sedute con il suo vibratore sempre presente nel cassetto del comodino (ok non ditemi che ho spoilerato però)

A suo fianco, fin dai tempi del college, un fotografoo schizofrenico. Paparazzo estremo, in grado di far qualunque cosa (QUALUNQUE) per ottenere la foto che Lucy vuole, è un personaggino completamente fuori di testa, specie se non prende le sue pilloline.
visioni a tutto spiano, parla con i morti, con i gatti, con la tazza dei cereali, ha duecento voci nella testa ecc..ecc..

attorno a loro c'è un mondo di attrici tossiche, attori con segreti, musicisti criminali, sportivi perversi, spacciatrici lesbiche ecc..

ok, smettiamola con la trama che mi perdo, veniamo al dunque.
Dirt è una serie cooool..molto figa, molto ggiovane, curata molto visivamente senza lesinare effetti particolari (specie collegati al fotografo..) e abbastanza politicamente scorretta, il che non fa male.
insomma, piacevolissima da vedere, divertente in molti aspetti, complessa e molto cattivella...ma..

Ma è una serie "tradizionale"
mi spiego meglio,
ultimamente abbiamo assistito a un proliferarsi di nuove serie con nuove strutture narrative, contaminate dai videogames (lost..pensateci bene) o dal cinema (24, jericho) e via dicendo.
cioé, generalmente abbiamo serie in cui la storia supera i personaggi (infatti mai come ora i personaggi delle serie tv hanno una mortalità così precoce) nel senso che è la storia a fare da filo conduttore ai vari episodi (snodandosi in questi..) in controtendenza con quanto avveniva con le serie "classiche" nelle quali bastava impostare dei personaggi graditi al pubblico e "particolari" in modo da far risaltare la serie nel palinsesto al fianco di altri prodotti simili....poi però le storie in sé erano abbastanza ripetitive in modo tale che si potessero seguire senza un particolare livello di attenzione.
ecco, Dirt e Ugly Betty hanno tuttora questa struttura tradizionale, personaggi belli ben fatti e ben definiti che ogni espisodio affrontano avventure diverse ma sempre in qualche modo simili.

Lost, Jericho, 24, Weeds ecc vanno in un'altra direzione.

Un uomo chiamato cavallo

Visto finalmente e con ingiustificabile ritardo Slevin - Patto Criminale. E' una commedia nera a la Guy Ritchie con una trama barocca ma funzionante, un cast wow, e dialoghi che sembrano cioccolatini.
Josh Hartnett, strano a dirsi, non è una delle tante capre della sua generazione (vedetevi anche, per dire, Appuntamento a Wicker Park).
Applausi per Sir Ben Kingsley, che qualsiasi cosa faccia è sempre un piacere.
Bruce Willis è inqualificabile e sublime come ogni volta.

Cuore e cervello impegnati per minuti 100: gran godimento.

Ora devo trovare il tempo di adocchiare Revolver.

Ah, il titolo del post lo capisce solo chi ha visto il film...

martedì 6 febbraio 2007

Essere un po' tristi e un po' no

Ovvero, "del cinema di Pupi Avati". Visto ieri La cena per farli conoscere. Che non è un titolo ma una didascalia. C'è un attore di soap un po' vecchio e un po' triste e un po' fallito che si fa una plastica ma viene uno schifo. Allora comincia a chiamare le sue figlie sparse per il mondo (e avute da donne diverse) perchè è ancora più triste. Due gli vogliono bene e una no. C'è quella col cancro, quella col marito stronzo, quella con l'amante. Tutti quanti sono un po' tristi e un po' no. Però tutte e tre insieme organizzano una cena per fargli conoscere Francesca Neri. Allora lui è felice e riacquista un po' dignità. Poi muore, ma si capisce che muore felice.
Ovviamente ci sono un paio di sequenze in cui le sorelle piangono insieme su un divano.

Il cinema di Pupi Avati serve a niente ma fa sempre piacere.
Neanche tantissimo però.

E Violante Placido andrebbe ceduta in pasto a un branco di cinghiali selvatici.

lunedì 5 febbraio 2007

Pompini for dummies

Basta cazzate, è ora di parlare di cose serie. E cosa c'è di più serio di un corso approfondito di fellatio?

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Cliccate sull'immagine. Sì, anche tu, Leda.

venerdì 2 febbraio 2007

Ciao, sono Leda...

Per oggi non ho commenti, questo è un post di prova! Sono Leda, probabile futura assidua frequentatrice di questo Blog nel quale avremo forse il coraggio di parlare di cinema! Speriamo di non annoiare nessuno! Per oggi piacere e un bacio, con foto di benvenuto! Le

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