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giovedì 2 agosto 2007

Giochi e politica

Al recente E3 che si è svolta a Los Angeles è stato presentato il trailer di Resident Evil 5, nuovo episodio della popolare saga di survival horror prodotto da Capcom, al momento annunciato per PlayStation 3 e X360.
Potete dare un'occhiata al trailer qui sotto.



Graficamente il gioco sembra davvero maestoso, e la sensazione di "caldo" è comunicata in maniera molto credibile. Però non è delle qualità del gioco che mi preme parlare, ma di qualcosa di più serio.
Il trailer ha sollevato polemiche e discussioni per i contenuti mostrati, in particolare per l'ambientazione africana e la conseguente presenza di "nemici" neri (negri, di colore). Inoltre, il protagonista, il "buono", è bianco. Ci sono diversi post e articoli in rete al riguardo, e sollevano tutti punti più o meno validi. Eccovene un paio: The Village Voice e Black Looks.
Sinceramente queste lamentele mi lasciano un po' perplesso, però è anche vero che la storia recente dell'Africa ha avuto episodi di violenza fin troppo simili a quella che si vede nel filmato di RE5.
A questo punto viene da chiedersi fin dove ci si può spingere quando si crea un prodotto di intrattenimento, quanto si può attingere dalla realtà prima di toccare argomenti non adatti a un videogioco (film o libro, anche).

giovedì 31 maggio 2007

Il videogioco perfetto per mia madre

Mia madre ha una passione sfrenata per Dirty Dancing. Sì, proprio quel film.
Ora, immagino che il terribile pensiero stia cominciando a farsi strada nelle vostre menti e che l'orrore si stia impadronendo di voi. E a ragione, visto chs sì, qualcuno sta sviluppando un gioco basato su Dirty Dancing. Mi viene un po' la pelle d'oca solo a scriverlo...

Direi che non c'è nient'altro da aggiungere, se non la splendida vignetta di Penny Arcade al riguardo.

I've had... the time of my life...

giovedì 8 marzo 2007

Sprazzi di futuro

Per chi non lo sapesse, in questi giorni a San Francisco è in corso la Game Developers Conference, manifestazione professionale dedicata ai videogiochi.
Questa fiera non è un trade show, quindi non ci sono donzelle in abiti discinti che "pubblicizzano" un gioco o un prodotto che ha vagamente a che fare con i viggì, ma è un luogo di ritrovo dove gli addetti ai lavori danno e ascoltano conferenze tenute dai loro colleghi su svariati argomenti.

Ma vediamo di cosa si è parlato a San Francisco.
Così come il punto focale di Web 2.0 è l'input dell'utente nella creazione di contenuti (YouTube, Wikipedia e simili), la stessa cosa sta accadendo nel mondo dei videogiochi. Il concetto di Game 3.0 è stato al centro del keynote di Phil Harrison. Game 3.0 è in pratica la versione videoludica del sopracitato Web 2.0: un'evoluzione del videogioco di cui il videogiocare non è solo più utente finale e, relativamente, passivo, ma diventa parte attiva nella creazione di contenuti.
Un assaggio delle potenzialità della comunità si era avuto già nella generazione precendente di console, soprattutto grazie a Microsoft e al suo servizio Xbox Live, ma è in questa generazione che i produttori di hardware hanno finalmente deciso di sfruttare al massimo le possibilità offerte dalle connesioni a banda larga.

Ed è in questo contesto che Sony ha presentato alla GDC la sua Home, la casa online di ogni possessore di una PlayStation 3, in pratica l'evoluzione della libreria virtuale immaginata da Crichton in Disclosure, con un tocco di Second Life. Qui i giocatori potranno incontrare altri giocatori con cui condividere contenuti, scambiare opinioni, giocare e via discorrendo. La rappresentazione di questa casa è estremamente realistica, e sarà possibile personalizzarla con arredamento e quant'altro, così come sarà possibile darà un'identità all'avatar che ci rappresenterà nel mondo virtuale.
Qui sotto trovate il trailer di Home.



Ma torniamo alla creazione e condivisione dei contenuti.
Sony ha anche presentato Little Big Planet, a prima vista un platform game con forti elementi cooperativi tra giocatori e una riproduzione della fisica particolarmente convicente. Qui sotto trovate l'ottimo trailer (menzione particolare per la colonna sonora composta da Go Team).



Little Big Planet offre una modalità di creazione di livelli di cui potete avere un assaggio nel video qui sotto.



Ma la cosa che interessa maggiormente è la modalità di condivisione dei livelli creati con gli altri giocatori. Video dimostrativo qui sotto.



Tutto questo sproloquio a che pro, vi starete chiedendo? Beh, sembra che anche i videogiochi, dopo televisione e internet, si siano accorti che dare al pubblico gli strumenti creativi è un ottimo modo per ottenere contenuti di qualità variabile a basso costo, con in più un ritorno pubblicitario e di immagine notevole.
Forse tutto questo contribuirà a far crescere il videogioco e a fargli perdere quell'immagine "anti-sociale" che si porta dietro si dagli anni '80.

martedì 6 marzo 2007

Attori virtuali e non

Si parla spesso dell'incontro tra cinema e videogiochi, spesso a proposito e talvolta non (tranquillo Ste, non ce l'ho con te). L'incontro a volte è nella struttura narrativa, altre volte nella costruzione dell'immagine e delle inquadrature, altre ancora nel "semplice" tentativo di riprodurre un'esperienza più simile a quella dell'altro medium.

Nel caso di Heavenly Sword, gioco ancora in fase di sviluppo per PlayStation 3 da parte dello studio inglese Ninja Theory, questo incontro si verifica nell'uso di attori in carne e ossa, tra i quali spicca Andy Serkis, per riprodurre la recitazione delle loro controparti virtuali attraverso la tecnica del motion-capture.
Il video qui sotto mostra parte delle tecniche utilizzate al momento per realizzare quanto sopra, oltre a qualche breve filmato tratto dal gioco vero e proprio.
È interessante notare come due media all'apparenza così diversi per metodo di fruizione stiano facendo di tutto per avvicinarsi il più possibile l'uno a l'altro.

venerdì 9 febbraio 2007

Piccoli videogiochi crescono

Dopo un po' che si gioca ai videogiochi, viene da chiedersi perché quest'ultimi cerchino in tutti i modi di raccontare storie come se fossero dei film.

Giochi come i Final Fantasy più recenti e Metal Gear Solid, in cui la trama riveste un ruolo importante, fanno un pesante uso delle cosiddette cutscene, scene d'intermezzo che hanno in tutto e per tutto la struttura di un film: regia, inquadrature, recitazione degli attori virtuali. La struttura narrativa è presa di peso dal cinema e trasferita in un altro medium. E funziona, non è che non, ma lascia un retrogusto amaro perché uno degli aspetti più importanti del videogioco, l'interattività, viene sacrificato per far spazio alla storia, e perché ti chiedi per quale cazzo di motivo Kojima non si metta a fare film invece di abboffarci le palle coi suoi polpettoni deliranti.



Ma grazie al cielo esiste Valve.



Valve Software ha creato Half Life, Half Life 2 e Half Life 2: Episode 1, probabilmente i migliori esempi, e forse gli unici, di come il videogioco possa raccontare sul serio storie senza dover per forza tradire la propria identità e, soprattutto, senza cercare di diventare qualcos'altro.

Scritta con la collaborazione di Marc Laidlaw, la storia di HL narra le vicende di Gordon Freeman, uno scienziato che si ritrova suo malgrado coinvolto nell'incidente del complesso Black Mesa che portò sulla Terra la razza aliena dei Combine, con tutti i prevedibili casini che seguirono.

La vicenda è interessante, complicata e oscura al punto giusto, ma è la struttura narrativa di HL a fare la differenza. Il primo episodio della serie, pubblicato nel 1998 per PC e nel 2001 per PlayStation 2, è considerato come uno dei più grandi giochi della storia proprio perché rivoluzionò il panorama videoludico (mamma mia quant'è figo 'sto termine...) del tempo.



Niente custscene, niente momenti alla Lucas "Oh, giocatore/spettatore, occhio che adesso ti racconto un pezzo della storia e non vorrei mai che ti perdessi parte della mia splendida sceneggiatura". La trama è parte integrante del gioco vero e proprio, è un elemento fondamentale al pari della giocabilità. Il mondo di HL e soprattutto quello di HL2 sono il veicolo della storia, costantemente. Televisori accesi, ritagli di giornale attaccati a un muro, cartelloni pubblicitari, dialoghi tra personaggi non giocanti... questo è quello che compone la struttura di HL. Con la differenza che questi elementi non sono messi in risalto per essere notati, sono semplicemente fusi perfettamente nell'ambiente e sta al giocatore prestare attenzione a essi. E se non si ha voglia di ascoltare o leggere, ci si gira e si prosegue, magari per andare a piantare un bel termosifone, sparato dalla fida Gravity Gun, in faccia a un headcrab.



È per questo che HL rappresenta il videogioco finalmente maturo, conscio dei propri mezzi e libero da sudditanze psicologiche nei confronti delle espressioni narrative più affermate.