lunedì 7 maggio 2007

Fast food nation - la banalità del "bene"


Richard Linklater è un regista che non è facilissimo da inquadrare
l'unica cosa che uno può dire tranquillamente di lui è che gli piace lavorare con ethan hawke. altro non so.
per il resto ha una filmografia molto ricca (è tra gli autori che han girato di più nel 2000) e variegata (da before sunrise a school of rock passando per waking like, e tante altre cose che non vi cito nemmeno, sempre tra l'indie e il mainstream).
questo fast food nation è uno dei suoi film più dichiaratamente impegnati, più voluto, forse (tematicamnente) più coraggioso, non so.
il film doveva essere un documentario, cioé questo nell'idea del giornalista Eric Schlosser quando gli ha proposto di rendere per immagini il suo libro/ricerca Fast food nation: the dark side of the all-american meal , poi linklater ha risposto una cosa tipo guarda son contento che hai cercato me per sto film, ma un documentario proprio no, ed ecco che ha creato questa storia con diversi personaggi di diverse età ed estrazioni che (a sentire il regista nella sua intervista a Sight&Sound) rappresentano tutti degli elementi autobiografici. Insomma, da un documento di denuncia contro il trash food e i suoi derivati il regista texano ne ha fatto un racconto suo, molto suo (a suo dire).
personale ma che gli ha causato molti problemi con distributori quali la wall mart e un boicottaggio a diversi livelli.


la trama.

una multinazionale concorrente di macdonald e burgerking per il mercato dei fastfood viene a sapere da una ricerca universitaria che ci sono tracce di merda (letteralmente, cacca..) nei loro burger. Per reazione mandano nel luogo di "produzione" uno dei loro manager (interpretato dal sempre più immennso Greg Kinnear) giusto per vedere che cosa c'è che non va.
nello stesso tempo assistiamo alla storia di un gruppo di mexicani che valicano la frontiera proprio per lavorare nella macellazione dei bovini, proprio per la produzione dei merdosi burgers, ovviamente fanno una vita di merda, perdono braccia e gambe nel lavoro, le tipe sono oggetto di molestie sessuali e si drogano ec..ecc..
nello stesso tempo siamo alle prese con la vita di una cara diciassettenne che lavora dietro il bancone vendendo i merdosi burgers. ha una mamma che fa "la giovine" (patricia arquette) e uno zio che si è giocato la carriera per il suo spirito rivoluzionario durante l'università (Hawke) e..insomma, alla fin fine si licenzia e aderisce a un imberbe gruppo di pseudo no-global con il quale provano a fare evadere le mucche destinate al macello.

mi fermo qui.

io del film non mi sono mica fatto un'idea. ha delle risonanze talmente banali e buoniste in mezzo a cose assolutamente carine.
ma proviamo a fare il giochino del più e del meno.

film da vedere perché:

perché è inutile essere tutti lì ad esaltare Report e beppe grilo, poi quando il cinema americano prova a fare una cosa di denuncia (con il suo linguaggio) diventiamo tutti cinici e diciamo evabbé buonismo di merda. Linklater riesce a parlare in un filmino di: immigrazione clandestina, additivi chimici nelle carni (legali), produzione di cibo di massa e tutti le sue innaturalezze, l'economia senza scrupoli e le sue azioni (illegali), idealismo giovanile e le sue conseguenze, la facilità di girare la faccia dall'altra parte. Cioè non ha fatto un capolavoro ma ha creato un ponte per veicolare informazioni in un formato diverso (e più godibile) del scimmione scimmiotato micheal moore.
Perché ha delle chicche e interpretazioni notevoli dalla arquette a hawke..ma a svettare è Kinnear con una recitazione sempre meravigliosamente sottotono.
Perché tutto sommato è una storia carina, con un buon ritmo e che, dai, funziona.


Perché no:

perché i temi sociali trattati dal cinema americano assumono quel tocco di artificiosità e di già visto insopportabile (non è un caso che in questo "genere" in europa abbiamo una marcia in più). Specie nella storia dell'immigrazione c'è un po' troppo: dalle droghe, al capo che chiede favori sessuali, agli incidenti mortali ecc.. non metto in dubbio che queste cose accadano, ma in un film meglio sceglierne una e le altre falle trasparire in un altro modo, non devi mica gridarmerle tutte nell'orecchio.
perché anche a 46 anni linklater sembra sempre fare film "generazionali" da e per ragazzi. ora, capisco che allo stato attuale delle cose non esistano esponenti di spicco delle nuove generazioni, ma però questo non vuol dire che i gggiovani vadano sempre e comunque raccontati così. Ammicca troppo linklater, dice troppo non riuscendo poi perfettamente ad integrare il lato "denuncia documentata del libro" a quello finzionale del film.
perché in ogni caso dai film indipendenti ci si aspetta qualcosa di nuovo e di diverso non solo tematicamente. non chiedo un'avanguardia, ma insomma, se non sperimentano un po' con il linguaggio film che in ogni caso non hanno il peso di una grande distribuzione, chi lo può fare allora?


dovessi riassumere il tutto, film da vedere..ma "cresci richard, che non hai più 20anni".

2 commenti:

Leda ha detto...

Mhhh...son proprio curiosa di vedere questo film, sia per i pro che per i contro, poi ti dirò! Tu hai visto vero Super Size Me? Non credo che Fast Food Nation possa reggere il confronto col film di Morgan Spurlock!
Così, a naso, sono assolutamente d'accordo con quel che dici di Greg Kinnear, che già mi era piaciuto molto in Little Miss e poi per concludere in bellezza, Ethan Hawke sempre figo (ma sarà anche bravo?!)

baskjev ha detto...

a me hawke piace molto quando recita
quando scrive (mercoledì delle ceneri è una grande raccolta di racconti)
ma fa innervosire parecchio quando è dietro ad una macchina da presa.

da kinnear mi aspetto ora il salto di qualità.
rischia di cristalizzarsi come caratterista,
ma può diventare il nuovo Bill murray (e io adoro bill murray)