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mercoledì 3 settembre 2008
lunedì 23 giugno 2008
venerdì 6 giugno 2008
Secche, quasi trasparenti
Ovvero le attrici che erano veramente gnocche fino a quando hanno deciso, o è stato loro suggerito, di perdere peso... troppo peso.
La lista si trova su FSR, e devo dire che mi trovo d'accordo a proposito di molte delle tizie segnalate.
Per altro, questo è un argomento di cui si è già parlato in passato con un amico, soprattutto a proposito di Gwyneth Paltrow, identificata come colei che ha dato il via a questa deprecabile tendenza, e di Jennifer Connelly, forse l'esempio più emblematico di come perdere troppo peso sia il male.
La lista si trova su FSR, e devo dire che mi trovo d'accordo a proposito di molte delle tizie segnalate.
Per altro, questo è un argomento di cui si è già parlato in passato con un amico, soprattutto a proposito di Gwyneth Paltrow, identificata come colei che ha dato il via a questa deprecabile tendenza, e di Jennifer Connelly, forse l'esempio più emblematico di come perdere troppo peso sia il male.
mercoledì 4 giugno 2008
Il nuovo Indy nella storia
Non ho ancora visto il film in oggetto (Indiana Jones and the Kingdom of the Crystal Skull, per i meno attenti), ma devo dire che non ne ho letto molto bene finora. Del resto, Lucas ha messo le mani nella sceneggiatura, potevamo aspettarci un capolavoro?
Comunque, dicevamo, pare il nuovo capitolo della saga dell'archeologo più famoso del mondo sarà comunque ricordato per qualcosa, anche se non per i propri meriti cinematografici, arrivando addirittura al punto di sostituire l'espressione "Jump the shark" nell'immaginario collettivo con il ben più moderno "Nuke the fridge".
Stephen e George ce l'hanno fatta ancora una volta!
Comunque, dicevamo, pare il nuovo capitolo della saga dell'archeologo più famoso del mondo sarà comunque ricordato per qualcosa, anche se non per i propri meriti cinematografici, arrivando addirittura al punto di sostituire l'espressione "Jump the shark" nell'immaginario collettivo con il ben più moderno "Nuke the fridge".
Stephen e George ce l'hanno fatta ancora una volta!
lunedì 30 luglio 2007
The Simpsons Movie

quindi concentriamoci sul film, stando attenti a non spoilerare.
e proviamo a dare giudizi tagliati con l'accetta, giusto per.
dunque raramente un prodotto nato per la tv, ha creato un decente corollario sul grande schermo.
specie le commedie.
prendendo il film di southpark "bigger, longer and uncut" come esempio di passaggio riuscito. possiamo bocciare subito the simpsons, come bocciammo idealmente il film di Family guy "stewie griffin the untold story".
cioè come film non funziona. non tiene bene i 90 minuti
la trama
Springfield ha dei seri problemi di inquinamento, in particolare legati al loro lago. dopo una prima bonifica, l'inquinamento riprende costringendo il governo americano ad adottare drastiche misure, isolando springfield dal mondo.
ovviamente homer ha la sua parte in tutto ciò e le conseguenze per lui e la sua famiglia si rivelano catastrofiche.
Cosa salvare.
- molte gag sono sempre notevoli, superiori in qualità alle ultime presenti nelle più recenti e stanche serie.
e i gioco sull'essere sul grande schermo, funziona..dalla scritta di bart sulla lavagna "non scaricherò questo film" ai titoli di coda (non fuggite subito).
ve ne sono molte notevoli e da vedere e rivedere, così come i riferimenti al mondo disney, e all'attualità.
- vi è un tentativo reale di utilizzare visivamente le possibilità del grande schermo. la qualità dell'immagine è quasi sorprendente per noi abituati a vedere la famiglia gialla in tv, e anche nella composizione delle inquadrature vi è un'attenzione non da poco.
- come detto i soliti riferimenti cinematografici, culturali e letterari: a me è sembrato di vederne uno molto chiaro e ovvio a "la notte del drive-in" di lansdale, tra gli altri.
Cosa buttare via.
- la particolarità dei simpsons è sempre stata la "varietà narrativa". una storia che inizia in un modo, che prende inaspettate direzioni, per poi cambiare nuovamente e risolversi.
qui la storia va invece in una precisa direzione dall'inizio alla fine. ed è una direzione così smaccatamente scontata, banale, prevedibile che uno ci rimane un po' così.
ci sono tutta una serie di eventi "telefonati" che sfiorano l'imbarazzo. sembra quasi che per paura di perdere il filo della storia nei 90minuti, gli autori abbiano pensato di renderla il più quadrata possibile.
ovvero di fare una storia "forte" ma scontanta, nella quale inserire battute e gag brillanti. la cosa funziona solo a metà perché questa storia che viaggia così liscia e senza alcun repentino cambio di direzione, alla lunga intacca anche ciò di buono presente nel film.
- l'abbandono dei personaggi secondari: appaiono sullo sfondo, a mò di macchietta e appaiono praticamente tutti. ma nessuno che "lasci il segno", nessuno in grado di aprire una storia nella storia o di distrarci per un tempo superiore a quello di una battuta.
non vado oltre, anche perché in italia uscirà il 14 settembre e campa cavallo prima che lo vediate (nella pubblicità affermano un'uscita in contemporanea worldwide...se, tranne che in italì)
e per concludere, sì..rispetto alla produzione attuale dei simpsons, questo film è un buon colpo di coda.
ma, nulla di innovativo, nulla che faccia anche solo accendere nella testa la lampadina "capolavoro" e nulla che ti spinga subito finito il film a nasconderti nei cessi del cineama e reinfilarti nello spettacolo successivo.
dovessi dare un giudizio di valore con una parola lapidaria dire.
"carino"

martedì 17 luglio 2007
Ma secondo voi, parte seconda

Tarantino ha ragione riguardo al cinema italiano?
Davvero il cinema italiano versa in una situzione così tragica?
Lo ammetto, a me il cinema italiano, quello recente quanto meno, non è mai piaciuto molto. Il perché non lo so nemmeno io di preciso, ma penso che abbia a che fare con la mancanza di determinati generi e l'abitudine degli autori italiani di menarsela un po' con temi "seri". Manca un po' la via di mezza tra il cinema impegnato, o sedicente tale, e le vanzinate. Però ripeto, sono molto ignorante al riguardo, quindi non vado oltre.
Voi che ne sapete sicuramente di più di me, cosa ne pensate?
domenica 20 maggio 2007
sabato 19 maggio 2007
potremmo in qualche modo gemellarci
i contenuti sono buoni e scritti con ironia.
e più che altro, hanno uno dei migliori nomi di sempre, per un sito di cinema.
Film School Rejects
e più che altro, hanno uno dei migliori nomi di sempre, per un sito di cinema.
Film School Rejects
martedì 15 maggio 2007
Big Nothing
ci sono molti modi in cui potrei riasssumere questo film, o almeno iniziare a parlarne, proviamone almeno 2:
1-Jean-baptiste andrea, con billy asher ha creato una sceneggiatura non male, al limite tra il noir classico e la commedia nera. molto ritmo, molte idee, alcune risate. peccato poi che J-B andrea l'abbia diretto, questo film.
2-negli anni i "nuovi registi" hanno scopiazzato un po' di tutto: da tarantino, de palma ecc..ecc. ma non avevo mai visto qualcuno "ispirarsi " così tanto ai primi lavori dei coen. in particolare la sceneggiatura di big nothing ha molti elementi e ricorrenze coeniane (il ricatto, il morto-non morto, il logorroico, i criminali improvvisati, l'avidità, l'eleminazione dei protagonisti, l'idea del falso ecc, Jon Polito...), il che è curioso e interessante. Peccato che poi la regia sia quantomeno sopra le righe, con schermi divisi, momenti clipponi ecc.
Insomma, big nothing è un film coeniano girato da un tamarro.
dovrei aggiungere altro?
cosa?
ah, la trama.
charlie (il david schwimmer friendsiano) è un ricercatore disoccupato che inizia a lavorare in un call centre per aiutare la moglie poliziotta a portar la pagnotta a casa per loro e loro figlia.
al call centre conosce gus (simon pegg di hot fuzz..qui ciccionissimo..mi chiedo come abbia fatto a perdere tutti quei kili in meno di un anno, tra un film e l'altro). Il quale gli propone di ricattare il prete del paese, avendo in possesso i tabulati delle sue visite in siti non francescani. al duo si aggiunge poi la femme fatale di turno Josie (alice eve). IL piano è semplice ma le cose non vanno come previsto.
ripeto, c'è il lavoro sul genere (dalla voce off e oltre), personaggi quantomeno interessanti, morti ben studiate, una struttura che sta in piedi ecc..ecc..
ripeto nuovamente: per molti versi assomiglia a di Blood simple con più ironia.
peccato che questo tipo di lavoro sul noir sono quasi 20 anni che si fa.
e con più stile.
cmq film consigliato, giusto per mettersi lì e pensare: oddio, cosa poteva diventare questa storia in altre mani.
1-Jean-baptiste andrea, con billy asher ha creato una sceneggiatura non male, al limite tra il noir classico e la commedia nera. molto ritmo, molte idee, alcune risate. peccato poi che J-B andrea l'abbia diretto, questo film.
2-negli anni i "nuovi registi" hanno scopiazzato un po' di tutto: da tarantino, de palma ecc..ecc. ma non avevo mai visto qualcuno "ispirarsi " così tanto ai primi lavori dei coen. in particolare la sceneggiatura di big nothing ha molti elementi e ricorrenze coeniane (il ricatto, il morto-non morto, il logorroico, i criminali improvvisati, l'avidità, l'eleminazione dei protagonisti, l'idea del falso ecc, Jon Polito...), il che è curioso e interessante. Peccato che poi la regia sia quantomeno sopra le righe, con schermi divisi, momenti clipponi ecc.
Insomma, big nothing è un film coeniano girato da un tamarro.
dovrei aggiungere altro?
cosa?
ah, la trama.
charlie (il david schwimmer friendsiano) è un ricercatore disoccupato che inizia a lavorare in un call centre per aiutare la moglie poliziotta a portar la pagnotta a casa per loro e loro figlia.
al call centre conosce gus (simon pegg di hot fuzz..qui ciccionissimo..mi chiedo come abbia fatto a perdere tutti quei kili in meno di un anno, tra un film e l'altro). Il quale gli propone di ricattare il prete del paese, avendo in possesso i tabulati delle sue visite in siti non francescani. al duo si aggiunge poi la femme fatale di turno Josie (alice eve). IL piano è semplice ma le cose non vanno come previsto.
ripeto, c'è il lavoro sul genere (dalla voce off e oltre), personaggi quantomeno interessanti, morti ben studiate, una struttura che sta in piedi ecc..ecc..
ripeto nuovamente: per molti versi assomiglia a di Blood simple con più ironia.
peccato che questo tipo di lavoro sul noir sono quasi 20 anni che si fa.
e con più stile.
cmq film consigliato, giusto per mettersi lì e pensare: oddio, cosa poteva diventare questa storia in altre mani.
interspecies erotica, ovvero Sleeping Dogs Lie
"my name is Amy, and yes, at college I blew my dog".
ecco la prima frase del film, in voce over dopo un flash back della "vicenda" che accompagna i titoli di testa.
inizia così la commedia SENTIMENTALE sleeping dogs lie: amy (maestra d'asilo) sta per sposarsi con john e viaggiano a casa dei parenti di lei per ufficializzare la cosa.
tutto bene finché tra i due non scatta il giochino del "condividiamo i segreti" ed esce fuori il pompino al cane ai tempi dell'università e tutto cambia: amy si vede bistrattata da john e dai suoi religiosissimi genitori e cerca affetto in un suo collega ec...ecc..ecc.
film indipendente, borderline, di bob goldthwait, che trae vantaggio da un accadimento quantomai emm "forte" per una commediola su come i segreti nella vita di coppia facciano bene ec..ec..ec..
la cosa che stupisce è proprio questa, che un film "benstilleriano" (alcuni momenti sono simili a meet the parents) sia costruito attorno a un pompino a un cane senza però riuscire mai ad essere dissacrante e/o ad aggiornare il genere commedia sentimentale. infatti, a parte qualche montaggio ad effetto (cani protagonisti) e un'ideona che coinvolge Elvis (vedrete), il tutto rimane un po' scialbo, banaluccio, prevedibile; non c'è mai l'apoteosi del turpiloquio del quale smith è maestro, come non ci sono scorrette gag farrelly brothers' style.
Rimane un film che non è carne né pesce (parlando di animali) e con un difetto strutturale di base anche per una commedia sentimentale "classica" ovvero il "far perdere" il personaggio che allo spettatore risulta più simpatico e complesso (John), per portare al centro della vicenda un personaggio quantomai insopportabile.
insomma, un film che ha consumato tutto il suo coraggio nella battuta iniziale.
ecco la prima frase del film, in voce over dopo un flash back della "vicenda" che accompagna i titoli di testa.
inizia così la commedia SENTIMENTALE sleeping dogs lie: amy (maestra d'asilo) sta per sposarsi con john e viaggiano a casa dei parenti di lei per ufficializzare la cosa.
tutto bene finché tra i due non scatta il giochino del "condividiamo i segreti" ed esce fuori il pompino al cane ai tempi dell'università e tutto cambia: amy si vede bistrattata da john e dai suoi religiosissimi genitori e cerca affetto in un suo collega ec...ecc..ecc.
film indipendente, borderline, di bob goldthwait, che trae vantaggio da un accadimento quantomai emm "forte" per una commediola su come i segreti nella vita di coppia facciano bene ec..ec..ec..
la cosa che stupisce è proprio questa, che un film "benstilleriano" (alcuni momenti sono simili a meet the parents) sia costruito attorno a un pompino a un cane senza però riuscire mai ad essere dissacrante e/o ad aggiornare il genere commedia sentimentale. infatti, a parte qualche montaggio ad effetto (cani protagonisti) e un'ideona che coinvolge Elvis (vedrete), il tutto rimane un po' scialbo, banaluccio, prevedibile; non c'è mai l'apoteosi del turpiloquio del quale smith è maestro, come non ci sono scorrette gag farrelly brothers' style.
Rimane un film che non è carne né pesce (parlando di animali) e con un difetto strutturale di base anche per una commedia sentimentale "classica" ovvero il "far perdere" il personaggio che allo spettatore risulta più simpatico e complesso (John), per portare al centro della vicenda un personaggio quantomai insopportabile.
insomma, un film che ha consumato tutto il suo coraggio nella battuta iniziale.
venerdì 11 maggio 2007
giovedì 10 maggio 2007
hot fuzz

Per tutti quelli che, come me, se pensano a qualcosa Hot al cinema non gil appaiono davanti agli occhi tette e culi ma bensì i migliori momenti di hot shot! (1e2), bhè, è il momento di dare un'ammodernata al vostro orizzonte.
ma facciamo un passo indietro.
tutto è nato con Spaced (1999-2001).i tre sceneggiatori simon pegg (anche attore dei film), edgar wright e jessica stevenson hanno messo in piedi una serie tv parodica del genere fantascienza.
anni dopo ccc scrivono insieme la sceneggiatura di Shaun of the dead che è probabilmente il migliore film commedia inglese del decennio (ma anche di più), sarei anche tentato di parlarne ora, ma non mi sembra il caso.
invece affrontiamo hot fuzz, che ripropone gli stessi attori protagonisti di Shaun e nel quale wright dopo la fantascienza e l'horror, affronta l'action movie.
la trama ripercorre una fin troppo collaudata struttura narrativa: il cittadino che per un motivo o per l'altro si ritrova imprigionato in un paesino rurale (da doc hollywood a cars).
infatti Angel (Simon Pegg) è un poliziotto cazzuttissimo e severissimo con se stesso che presta servizio a londra, un professionista vero e pronto a tutto, Un giorno i suoi superiori lo trasferiscono in un paese sperduto nella campagna inglese perché la sua presenza ed efficacia a londra fa sfigurare tutti i poliziotti.
lui parte di malavoglia e fa fatica ad ambientarsi in un mondo in cui tutti chiudono un occhio davanti a crimini minori e la più grossa effrazione della legge sembra essere il furto di patatine in un supermercato e il suo impegno più gravoso consiste nel recuperare un cigno fuggito al suo padrone.

fin qui la struttura classica procede paro paro, ma con un montaggio serrato e quanto mai opportuno.
poi tutto cambia.
ovviamente qualcosa di losco accade nella cittadina il nostro eroe lo scopre e può sfogarsi in sparatorie, inseguimenti mozzafiato, scazzottate, fino a un combattimento godzilla style (giuro che è vero).
come in shaun of the dead, hot fuzz esterna la voglia di cazzeggio che è in tutti noi o, per megio dire, il giocatore di sparatutto che è in noi. ci propone situazioni e azioni che sono solo puramente divertenti, godibili, in un contesto in cui un calcio in faccia ad una vecchietta è cosa buona e giusta (così come sparare a un prete, ma questa è un'altra scena).
rispetto a shaun of the dead, però, la storia è decisamente più piatta e anche quando vuole prendere binari alternativi finisce con il ripetere qualcosa di già visto, non allontanandosi poi molto dalle strutture "classiche" hollywoodiane.
cosa lo salva e lo fa diventare un film piacevolissimo da guardare è il coraggio nello stile, l'ironia più sottile dei film parodistici americani e la volontà consapevole di mostrare un cinema d'azione al minimo comun denominatore (di nuovo, lo sparatutto) aggiornando nello stesso tempo un linguaggio cinematografico che esaspera il taglio tarantiniano e di rodriguez.
non dico altro non aggiungo altro.
non mi interessa il fatto che questo film evidenzi la chiusura della campagna inglese verso l'elemento alieno, privilengiando un solido mantenimento di uno status quo da cartolina ec..ecc..
ci sono inseguimenti, sparatorie un buon ritmo e una decina di battute memorabili. e questo mi basta.
non è shaun of the dead, d'accordo.
ma è un film fresco e godibile, di quelli che in italia non se ne fanno da decenni (più di 4 decenni, per l'esattezza)i
lunedì 7 maggio 2007
Fast food nation - la banalità del "bene"

Richard Linklater è un regista che non è facilissimo da inquadrare
l'unica cosa che uno può dire tranquillamente di lui è che gli piace lavorare con ethan hawke. altro non so.
per il resto ha una filmografia molto ricca (è tra gli autori che han girato di più nel 2000) e variegata (da before sunrise a school of rock passando per waking like, e tante altre cose che non vi cito nemmeno, sempre tra l'indie e il mainstream).
questo fast food nation è uno dei suoi film più dichiaratamente impegnati, più voluto, forse (tematicamnente) più coraggioso, non so.
il film doveva essere un documentario, cioé questo nell'idea del giornalista Eric Schlosser quando gli ha proposto di rendere per immagini il suo libro/ricerca Fast food nation: the dark side of the all-american meal , poi linklater ha risposto una cosa tipo guarda son contento che hai cercato me per sto film, ma un documentario proprio no, ed ecco che ha creato questa storia con diversi personaggi di diverse età ed estrazioni che (a sentire il regista nella sua intervista a Sight&Sound) rappresentano tutti degli elementi autobiografici. Insomma, da un documento di denuncia contro il trash food e i suoi derivati il regista texano ne ha fatto un racconto suo, molto suo (a suo dire).
personale ma che gli ha causato molti problemi con distributori quali la wall mart e un boicottaggio a diversi livelli.
la trama.
una multinazionale concorrente di macdonald e burgerking per il mercato dei fastfood viene a sapere da una ricerca universitaria che ci sono tracce di merda (letteralmente, cacca..) nei loro burger. Per reazione mandano nel luogo di "produzione" uno dei loro manager (interpretato dal sempre più immennso Greg Kinnear) giusto per vedere che cosa c'è che non va.
nello stesso tempo assistiamo alla storia di un gruppo di mexicani che valicano la frontiera proprio per lavorare nella macellazione dei bovini, proprio per la produzione dei merdosi burgers, ovviamente fanno una vita di merda, perdono braccia e gambe nel lavoro, le tipe sono oggetto di molestie sessuali e si drogano ec..ecc..
nello stesso tempo siamo alle prese con la vita di una cara diciassettenne che lavora dietro il bancone vendendo i merdosi burgers. ha una mamma che fa "la giovine" (patricia arquette) e uno zio che si è giocato la carriera per il suo spirito rivoluzionario durante l'università (Hawke) e..insomma, alla fin fine si licenzia e aderisce a un imberbe gruppo di pseudo no-global con il quale provano a fare evadere le mucche destinate al macello.
mi fermo qui.
io del film non mi sono mica fatto un'idea. ha delle risonanze talmente banali e buoniste in mezzo a cose assolutamente carine.
ma proviamo a fare il giochino del più e del meno.
film da vedere perché:
perché è inutile essere tutti lì ad esaltare Report e beppe grilo, poi quando il cinema americano prova a fare una cosa di denuncia (con il suo linguaggio) diventiamo tutti cinici e diciamo evabbé buonismo di merda. Linklater riesce a parlare in un filmino di: immigrazione clandestina, additivi chimici nelle carni (legali), produzione di cibo di massa e tutti le sue innaturalezze, l'economia senza scrupoli e le sue azioni (illegali), idealismo giovanile e le sue conseguenze, la facilità di girare la faccia dall'altra parte. Cioè non ha fatto un capolavoro ma ha creato un ponte per veicolare informazioni in un formato diverso (e più godibile) del scimmione scimmiotato micheal moore.
Perché ha delle chicche e interpretazioni notevoli dalla arquette a hawke..ma a svettare è Kinnear con una recitazione sempre meravigliosamente sottotono.
Perché tutto sommato è una storia carina, con un buon ritmo e che, dai, funziona.
Perché no:
perché i temi sociali trattati dal cinema americano assumono quel tocco di artificiosità e di già visto insopportabile (non è un caso che in questo "genere" in europa abbiamo una marcia in più). Specie nella storia dell'immigrazione c'è un po' troppo: dalle droghe, al capo che chiede favori sessuali, agli incidenti mortali ecc.. non metto in dubbio che queste cose accadano, ma in un film meglio sceglierne una e le altre falle trasparire in un altro modo, non devi mica gridarmerle tutte nell'orecchio.
perché anche a 46 anni linklater sembra sempre fare film "generazionali" da e per ragazzi. ora, capisco che allo stato attuale delle cose non esistano esponenti di spicco delle nuove generazioni, ma però questo non vuol dire che i gggiovani vadano sempre e comunque raccontati così. Ammicca troppo linklater, dice troppo non riuscendo poi perfettamente ad integrare il lato "denuncia documentata del libro" a quello finzionale del film.
perché in ogni caso dai film indipendenti ci si aspetta qualcosa di nuovo e di diverso non solo tematicamente. non chiedo un'avanguardia, ma insomma, se non sperimentano un po' con il linguaggio film che in ogni caso non hanno il peso di una grande distribuzione, chi lo può fare allora?
dovessi riassumere il tutto, film da vedere..ma "cresci richard, che non hai più 20anni".
giovedì 3 maggio 2007
Una vita a tempo di film
Ho appena visto di vedere Clerks 2. Mi è piaciuto tantissimo, ho riso di gusto e ha dei momenti davvero indimenticabili, ma non voglio parlare di questo.
Sull'ultima scena del film mi accorto del parallelo che la mia vita degli ultimi dieci, o poco più, anni ha avuto con i film di Kevin Smith. È quasi inquietante la precisione con cui le sue pellicole hanno scandito il passare del tempo ed è impressionante come, per tanti versi, il suo crescere, maturare e invecchiare sia stato anche il mio.
1994, Clerks. Il periodo del cazzeggio, degli anni passati all'università a fare finta di studiare, a dare esami controvoglia nel tentativo di prolungare la giovinezza. Il film è in fondo molto simile: sboccato, irriverente, divertente fino alle lacrime, ma con la stessa voglia di non crescere, di rimanere ragazzi ancora per un po' e di godersi la mancanza di responsabilità.
1995, Mallrats. Questo l'ho visto anni dopo l'effettiva uscita, in DVD quando ormai mi ero trasferito già a Londra, ed è probabilmente il film meno ispirato di Smith. Va bene, non c'entra abbastanza un cazzo con la mia vita, ma andava citato per dovere di cronaca.
1997, Chasing Amy. Uno dei miei film preferiti di tutti tempi. Ancora incazzoso, sboccato e con gemme comiche di rara bellezza ("You fucking tracer!" o "Now that, my friend, is a shared moment."), ma cominciano a sorgere i primi segni di maturità. Le riflessioni sui rapporti tra le persone e le perle di saggezza che Silent Bob elargisce nella tavola calda sono cose che non si dimenticano facilmente, e dimostrano come, nonostante non abbia perso la sua vena comica, Smith abbia cominciato a pensare ad altro.
1999, Dogma. Per me l'anno che ha segnato il cambiamento netto è stato il 2000: ad aprile mi sono comprato la moto, poi rivenduta pochi mesi dopo, a giugno mi sono trasferito a Milano per lavoro e a ottobre ho mollato baracca e burattini e mi sono trasferito a lavorare a Londra, dove ancora risiedo. E contemporanamente, o quasi, Smith affronta un tema "spesso" come la religione. A suo modo, certo, ma è evidente come il periodo delle domande e delle riflessioni sia ormai avviato e inarrestabile.
2001, Jay and Silent Bob Strike Back. Smith cerca di riportare in vita il genere delle slapstick comedy. Il film è una serie di citazioni di citazioni di citazioni prese dagli altri film di Smith, dai lavori altrui e da altri media come internet e la televisione. Ci prova quasi seriamente a tornare il ventenne o poco più che tirò fuori dal cilindro Clerks, ma la vena non è più quella di una volta. E io nel frattempo mi adattavo a colpi di pinte di birra al mio nuovo stile di vita e cercavo di fare il cazzone a mio modo.
2004, Jersey Girl. Questo è nettamente il film che ha marcato la maturazione di Smith, ormai sposato e con una figlia (o un figlio?).
Non so perché, ma mi è sempre sembrato il perfetto "seguito" spirituale di Chasing Amy. Se in quest'ultimo Ben Affleck doveva accettare il passato movimentato della non così lesbica Alyssa (You're dating Fingercuffs?! Holy fucking shit!), in Jersey Girl invece ha a che fare con questioni molto meno "esotiche" come una bambina da accudire, un padre che sta invecchiando e ha paura di morire da solo e il desiderio di inseguire il miraggio di una vita passata. I temi sono simili per certi versi, quello che è diverso è l'età del regista e dello spettatore.
Io non ho vissuto niente di simile, lo confesso, ma mi sono accorto di essere cambiato con Kevin Smith perché il film mi è piaciuto, e molto. E mi sono anche reso conto che un film del genere, ai tempi di Chasing Amy, così come Smith non lo avrebbe mai girato, io non lo avrei mai voluto guardare.
2006, Clerks II. Si torna al Quick Stop, e si torna con la mente a quegli anni. Per Dante e Randal si tratta di ricordare delle giornate scanzonate passate nel negozio (o sul tetto dello stesso a giocare a hockey e a bere Gatorade), per me si tratta di ripensare al 30 meno 1 di Storia del cinema perché non mi sono ricordato che cazzo di avvenimento storico veniva nominato nel newsreel con cui si apriva Citizen Kane (l'invasione della Baia dei Porci, per la cronaca) e a tanti altri episodi più o meno felici (ti ricorda niente Pieve Ligure, Andre?).
Un film su come tutto cambi e come tutto rimanga uguale, come a dire che, invertendo l'ordine degli addendi, il risultato non cambia. O forse il risultato può essere diverso se lo si vuole davvero.
Non sono mai stato interessato alle persone famose, ma Kevin Smith è forse l'unico che vorrei davvero conoscere, per scoprire se quanto sopra è solo frutto dell'ora in cui sto scrivendo o sei ci sia qualcosa di vero.
E intanto un grazie a quello che è probabilmente il mio regista preferito, non tanto per la qualità dei suoi film, che adoro, ma per come mi faccia pensare ai fatti e alle cose e fare le 5 del mattino per scrivere su un blog.
Buona notte, o buongiorno, a tutti voi, amanti dell'interspecies erotica.
Sull'ultima scena del film mi accorto del parallelo che la mia vita degli ultimi dieci, o poco più, anni ha avuto con i film di Kevin Smith. È quasi inquietante la precisione con cui le sue pellicole hanno scandito il passare del tempo ed è impressionante come, per tanti versi, il suo crescere, maturare e invecchiare sia stato anche il mio.






Non so perché, ma mi è sempre sembrato il perfetto "seguito" spirituale di Chasing Amy. Se in quest'ultimo Ben Affleck doveva accettare il passato movimentato della non così lesbica Alyssa (You're dating Fingercuffs?! Holy fucking shit!), in Jersey Girl invece ha a che fare con questioni molto meno "esotiche" come una bambina da accudire, un padre che sta invecchiando e ha paura di morire da solo e il desiderio di inseguire il miraggio di una vita passata. I temi sono simili per certi versi, quello che è diverso è l'età del regista e dello spettatore.
Io non ho vissuto niente di simile, lo confesso, ma mi sono accorto di essere cambiato con Kevin Smith perché il film mi è piaciuto, e molto. E mi sono anche reso conto che un film del genere, ai tempi di Chasing Amy, così come Smith non lo avrebbe mai girato, io non lo avrei mai voluto guardare.

Un film su come tutto cambi e come tutto rimanga uguale, come a dire che, invertendo l'ordine degli addendi, il risultato non cambia. O forse il risultato può essere diverso se lo si vuole davvero.
Non sono mai stato interessato alle persone famose, ma Kevin Smith è forse l'unico che vorrei davvero conoscere, per scoprire se quanto sopra è solo frutto dell'ora in cui sto scrivendo o sei ci sia qualcosa di vero.
E intanto un grazie a quello che è probabilmente il mio regista preferito, non tanto per la qualità dei suoi film, che adoro, ma per come mi faccia pensare ai fatti e alle cose e fare le 5 del mattino per scrivere su un blog.
Buona notte, o buongiorno, a tutti voi, amanti dell'interspecies erotica.
martedì 24 aprile 2007
Un film da 2 (o da 3, vedete voi)

Cribbio che porcheria.
E dire che ero predisposto come un uovo di fronte al tegame.
Sto al 23 di Via di Porta Soprana, il mio CAP è 16123, sono nato nel 1976 (1+9+7+6...), il mio cellulare finisce con le cifre 2 e 3 e sommandole tutte e dieci si ottiene 32. Infine, quando all'intervallo si sono accese le luci, ho guardato l'orologio ed erano le 23:23 (giurin giurello giurato).
Nulla di quanto ho visto in sala, tuttavia, è interessante quanto quel che vi ho già detto. Tutto dire...
The number 23 è un thriller parapsicologico che mima la struttura ormai logora di classici della suspance come (OKKIO SPOILER) I soliti sospetti e Memento, attraverso una diegesi che fa acqua da tutte le parti - incongruenze e forzature non si contano - e una sceneggiatura da burla. Il guaio è che ormai i serial americani li conosciamo un po' tutti, e anche trascurando quelli scritti male (tanto per dire, 24: fumo a non finire e arrosto zero), una puntata a caso di Six Feet Under o Nip/Tuck fa impallidire per imbarazzo di fronte alle approssimazioni psicologiche e alle ingiustificate, frettolose scene madri di questa ennesima porcheria di Joel Schumacher.
Robaccia fuori tempo: il regista americano, trai i peggiori viventi, ha 68 anni ma ne dimostra 103, e gira come se non avesse visto un film uno negli ultimi 10 anni.
A questo punto bisognerebbe impedirgli di nuocere.
domenica 15 aprile 2007
Inland empire

l'avevo perso a venezia
l'ho recuperato una settimana fa in un "cineclub", essendo chiuso il cinema di cork..fino al 7 maggio (ma come si fa a dar fuoco ad un film nel 2007?? e non è la prima volta che accade, ho testimoniato la combustione di king kong un anno fa.)
delirante, moolto lynch (pure troppo, a momenti)
il perturbante in un movimento di macchina, in una carrellata o un deformato primo piano.
e anche nell'uso del digitale, rende (anche se ci si deve fare il callo all'inizio, certo, si ha 3 ore per farlo..)
unica cosa che non mi ha entusiasmato troppo:
a me il metacinema ha un pochettino rotto i maroni, non so a voi.
sabato 7 aprile 2007
Raimi torna all'horror....online
continua il "progetto multipiattaforma" di raimi, che ora si avvale anche di alcuni corti
maggiori info su cinematical.com
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domenica 1 aprile 2007
piccolo sondaggio..
in un mondo cinematografico dominato dai grandi vecchi (eastwood, scorsese ecc..ec..)
chi sarà per voi "the next big thing" nel cinema??
chi sarà per voi "the next big thing" nel cinema??
martedì 27 marzo 2007
Eran 300

O viandante, annuncia agli Spartani che qui noi giacciam per aver obbedito alle loro parole
(Simonide)
Ok, applicare categorie etiche e metri d'analisi sociale a popoli vissuti 2500 anni fa è esercizio futile e un po' idiota. Tanto più lo è farlo a partire da una graphic novel visionaria e parossistica come quella di Frank Miller.
Quindi, ok di nuovo, gli spartani massacravano i neonati gracili, crescevano i loro figli a frustate e inquadravano la propria identità sulla base di ideali come la gloria e l'onore che oggi suonano quanto meno ambigui: ma ugualmente di questo possiamo prendere atto e tacere.
In fondo gli Spartani, alle Termopili, difendevano il loro territorio e la loro cultura da un tiranno invasore.
E tuttavia.
Il film di Zack Snyder, in modo non dissimile a quanto accadde con Sin City ma certo più smaccato, agisce sul nostro di contesto sociale e politico, non potrebbe essere altrimenti, e lo fa con una sfacciata (ed è questo l'aspetto più allarmante, il fatto che l'abito del fumetto consenta una tale sfacciataggine) carica reazionaria. E gli esiti emotivi che ne derivano, non nascondiamoci dietro uno spillo di placido snobismo, non sono affatto irrilevanti.
Tanto per dire, durante la proiezione cui ho assistito ieri sera, un indigeno genovese e un forestiero africano, nelle ultime file, sono venuti alle mani, in piena proiezione e in mezzo alla sala.
Difendere le proprie tradizioni fino alla morte dall'avanzata del Diverso, dello Straniero. Erigere, ciascuno per sè e dentro di sè, un monumento interiore alla propria forza d'urto. Rifiutare con spregio il dialogo di fronte alla minaccia.
Tanto per dire ancora, sempre durante la proiezione, certa gente in sala ululava fiera al modo dei soldati spartani. E non fatico a immaginare squadre di ultrà che si affrontano, spranghe e bandiere in mano, al grido di furore degli uomini di Leonida.
Detto tutto questo, 300 è un film visivamente sontuoso che si beve in un lampo e con sommo godimento. Ma solletica, e lo fa benissimo, tutti gli istinti meno consigliabili.

lunedì 26 marzo 2007
Lo yeti e la piagnona

Ci sono film talmente sbagliati che non puoi che volergli bene.
Fur è tra questi.
Anche trascurando il fatto che Nicole Kidman è l'attrice più sopravvalutata di sempre (brava finchè volete, ma tocca sempre le stesse corde, eterea fino alla trasparenza: paragoniamola a Meryl Streep e poi riparliamone).
Anche trascurando che una biografia fittizia (che poi non è una biografia, gli eventi si portano via tre mesi tre), già come concetto, non si capisce che senso abbia.
Anche tralasciando l'assenza di tutto il dramma umano di questa donna, gli scatti (fotografici) estremi, la discesa nella depressione, il suicidio.
Ecco, anche trascurando tutto questo, non si riesce a immaginare chi abbia potuto pensare che adeguata sineddoche per la vita di una delle artiste più controverse del ventesimo secolo potesse essere una love story con uno yeti.
Kitch inenarrabile.
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