venerdì 23 febbraio 2007

Studio 60 on the Sunset Strip


C’è un programma televisivo, qualcosa simile al Saturday Night Live, che va in onda da 20 anni ogni venerdì sera. Un bel giorno il produttore esecutivo sbraga, cioè vedendosi negata la possibilità di mandare in onda in diretta uno sketch che prende in giro i cristiani, decide senza preavviso di interrompere la trasmissione con un monologo dettato dal cuore, in cui getta palate e palate di merda sul mondo dello spettacolo americano e sulla società in generale, toh.

QUEL venerdì è anche il primo giorno di lavoro del nuovo direttore dell’emittente che trasmette lo show e che si trova a dover riorganizzare un programma che è un po’ la punta di diamante del canale. Ci riuscirà?

Questo è un po’ l’antefatto di una serie tv che sta andando in onda ora in USA e che si intitola Studio 60 on the Sunset Strip, con l’incantevole Amanda Peet (ho preso una bella botta per lei, tra l’altro con un film che non oso riportare qui), Matthew Perry (il Chandler di Friends), altri attori che non conosco e spesso ospiti illustri (Una mamma per amica, Sting).
Devo dire che mi piace molto. Dopo le prime puntate, di assestamento, negli episodi successivi seguiamo la nascita e l’evoluzione di uno show comico che cerca di andare un po’ controcorrente. In particolare vedendo tutti i problemi che si fanno gli autori, gli attori dello show nella loro vita privata e all’interno dello spettacolo, si può capire che alti e bassi vi siano nel giudizio morale che guida la società americana. Per spiegarsi meglio ogni comportamento assunto da un personaggio pubblico a turno deve fare i conti col peso del giudizio di un gruppo popolare che difende i diritti dei gay, dei cristiani, degli analfabeti, dei carciofi e così via. Sembra che conti solo questo giudizio e che non ci sia una coscienza collettiva in grado di discernere ciò che ha senso da ciò che ne ha un po’ meno.

Detto questo primo non so quanto sia verosimile il panorama che viene fuori dai castelli che si fanno, ma perché no; secondo è bene notare che in Italia non ci si farà di certi problemi ma sicuramente di altri, come fa notare il buon baskjev nel suo blog.

Per il resto ritengo sia un telefilm piacevole, che non mostra niente di particolarmente geniale e soprattutto quei coupe de theatre che vanno tanto di moda. Mi sembra convincente, no?!

Per finire, nonostante i dirigenti e i produttori dello show facciano spesso la parte di eroi che se ne fregano delle logiche commerciali e a cui interessa solo proporre un prodotto di qualità, la serie invece vive nel mondo reale e forse non vedrà una seconda stagione perché gli ascolti sono troppo bassi.

2 commenti:

baskjev ha detto...

caro grande puffo...sfondi una porta del colosseo (eh? eh? invece che dire porta aperta? che inventiva, eh?)

studio 60 è stato creato dall'immenso aaron sorkin,
l'autore del meraviglioso West Wing (tra le altre cose).

sorkin è un autore/sceneggiatore così geniale, così abile, dotato..in grado di riempire un'ora solo con parole e botta e risposta.. di creare intrecci raffinatissimi e personaggi cocmplessi dalle caratteristiche mai urlate...
che, per dire, ho chiamato il mio gatto con il suo nome.

grandepuffo ha detto...

Si infatti mi ero riproposto di guardarlo ma nn l'ho mai visto. Comunque è esattamente come dici te, dialoghi botta e risposta,intrecci raffinatissimi e il resto.E infatti quando lo guardi non percepisci niente di geniale, cioè sembra tutto così normale proprio perchè credo sia così ben bilanciato.